Il giorno della tanto attesa assemblea aziendale è arrivato. Oggi è stato presentato il nuovo piano industriale di Unicredit, e non ci potevamo aspettare un annuncio peggiore. Unicredit, prima banca in Italia per asset in gestione e fatturato, ha deciso di chiudere ben 450 filiali in tutto lo stivale.

E a farne le spese saranno circa 5500 dipendenti italiani. Il piano prevede inoltre dei tagli anche per le filiali estere, per un totale di 8000 dipendenti. Si tratta di una vera e propria ristrutturazione di Unicredit, cosa che si è capita anche dall’operazione di uscita dalla Turchia.

Gli esuberi e i tagli di Unicredit

L’attuale a.d. Jean Pierre Mustier ha dichiarato che l’istituto di credito ha intenzione di chiudere 500 filiali tra il 2019 ed il 2023. I tagli saranno di 8000 dipendenti, concentrati soprattutto nelle varie aree Italia, Germania, e Austria. Il personale verrà quindi ridotto del 12%, mentre il numero di filiali scenderà del 17%. Ovviamente toccherà all’Italia subire i danni peggiori.

E’ già in corso una trattativa con i sindacati che, appena dopo la diffusione della notizia, hanno risposto a muso duro nei confronti di Mustier. I sindacati quindi alzano un muro contro la decisione di Unicredit e sono al lavoro per evitare tutto ciò. Le organizzazioni sindacali ricordano che i posti di lavoro tagliati dal 2007 ad oggi sono stati 26.650, troppi.

A quanto pare il numero di esuberi dichiarato è sproporzionato rispetto agli obiettivi del nuovo piano industriale. Ecco le parole di Giuliano Calcagni, segretario generale della CGIL: “Non è credibile che un taglio così netto  degli organici venga giustificato da un piano industriale di crescita organica”. Insomma, potrebbe esserci qualcosa sotto.

Il nuovo piano industriale

La verità potrebbe essere che l’attuale CEO, Mustier, non abbia realizzato un progetto atto a far crescere e sviluppare il gruppo Unicredit, bensì una strategia per tagliare i costi e aumentare gli utili. E proprio l’aumento degli utili che interessa parecchio al CEO, cosa che non riesce a produrre industrialmente.

Comunque sia, entri i prossimi 4 anni sono previsti 17 miliardi di euro di utili e distribuzione dei dividendi per una cifra totale di 8 miliardi di euro.  Tra le novità spiccano i cambiamenti sul fronte organizzativo, da oggi in poi in Unicredit si lavorerà in team crossfunzionali. Ad esempio ogni team sarà composto da esperti di diverse sezioni, dal business alle vendite, dal marketing alle comunicazioni.

Inoltre, è prevista l’eliminazione della carta, cosa che produrrà ben 150 milioni di euro all’anno di risparmio. Infine, la banca sarà sempre più aperta verso soluzioni fintech.

Foto di una filiale tedesca di Commerzbank

L’ipotesi fusione internazionale

E’ stato presentato quindi il nuovi piano industriale del gruppo Unicredit. Dietro tutto però potrebbe esserci anche una potenziale fusione dell’istituto di credito con un’altra banca. Un’ipotesi potesse essere un “alleggerimento” da parte di Unicredit, per poi passare ad una “fusione perfetta”.

Più volte si è parlata di fusione internazionale, ovvero con un gruppo estero. La tedesca Commerzbank è forse quella che potrebbe essere più vicina al gruppo italiano, ma più che fusione si dovrebbe parlare di acquisizione di Commerzbank da parte di Unicredit. Operazione che stava per avvenire già nel 2017, saltata poi per l’altra potenziale fusione in corso tra Commerzbank e Deutsche Bank. Poi saltata anche quella.

L’a.d. Jean Pierre Mustier potrebbe riprovarci. E occhio anche alla francese Societé Generale, da sempre interessata a questo tipo di operazioni. In passato era stato addirittura ipotizzato un matrimonio a tre Unicredit-Commerzbank-SocietéGenerale, in questo caso sarebbe nata una super-banca europea.

Ma tornando a noi, c’è un’ultima ipotesi che tutto sommato potrebbe anche accadere (visto i recenti esuberi e tagli, utili che non crescono o costi di gestione in aumento per Unicredit). Stiamo parlando di un’acquisizione di Unicredit da parte del gruppo francese Societé Generale, istituto di credito che supera ampiamente i 20 miliardi di euro di fatturato annuo ma che ha lo stesso problema di utili (-35% nel 2018).

Intanto siamo in attesa di nuovi risvolti per quanto riguarda i licenziamenti e la chiusura delle filiali.