Nuovi risvolti nell’operazione di fusione tra Ubi Banca e Intesa San Paolo.

A quanto pare l’offerta di pubblico scambio lanciata da Intesa è decaduta, e il cda di Ubi ha deciso di avviare un’azione giudiziaria. La telenovela quindi continua, crediamo che nelle prossime settimane potrebbero esserci interessanti novità riguardo il futuro di Ubi.

Una cosa è certa, l’istituto guidato da Victor Messiah non ha alcuna intenzione di aggregarsi a Intesa San Paolo.

Poco tempo fa è intervenuta anche la Guardia di Finanza, che ha indagato e verificato la sussistenza di ipotesi inibitorie, come segnalato dai vertici di Ubi (leggi: “Ubi Banca: la Guardia di Finanza indaga su Ops Intesa”).

Ora invece compare la clausola MAC sull’accordo che sembrerebbe determinante per l’annullamento dell’offerta, e il caso “passivity rule” che ha causato il blocco di alcune importanti operazioni finanziare da parte di Ubi Banca.

Di seguito tutti i dettagli.

Ubi Banca: l’attivazione della clausola MAC

La clausola Mac si attiva nel momento in cui si sono verificati eventi sfavorevoli nel periodo compreso tra l’accordo preliminare e il closing. E l’emergenza sanitaria non può che essere un evento sfavorevole, ricordiamo infatti che Intesa San Paolo ha anche ritoccato l’offerta fatta ad Ubi.

Ma non solo, sempre nello stesso periodo ha parzialmente modificato anche l’offerta relativa alla cessione di alcune filiali a Bper, operazione strettamente collegata con la “fusione” (o meglio acquisizione) con Ubi.

Quindi la clausola Mac si è attivata, e Intesa non ha comunicato nulla al riguardo. L’istituto piemontese avrebbe dovuto rinunciare tempestivamente all’attivazione della clausola. Di conseguenza, l’offerta di pubblico scambio ha perso validità.

La passivity rule di Ubi

A tutto ciò ci si aggiunge anche la passivity rule, ovvero la regola della passività. Ebbene, si tratta di una misura ideata per non interferire in compravendite di società quotate o meglio salvaguardare la contendibilità delle stesse.

Grazie a questa misura, gli amministratori e gli azionisti della società in questione non possono prendere iniziative difensive atte ad evitare la scalate esterne nella società. Come ad esempio la cessione di asset o l’emissione di obbligazioni.

E questo sta accadendo proprio ad Ubi Banca.

Quindi, l’istituto ha deciso di rivolgersi al Tribunale, che deciderà se l’Ops può essere portata a termine oppure no. Ubi Banca ha già dichiarato di aver intrapreso azioni legali a tutela dei propri diritti soggettivi, degli stakeholders e di tutti gli investitori.

Conclusioni

Infine, secondo indiscrezioni Ubi Banca sarebbe disposta ad aggregarsi alla francese Credit Agricole piuttosto che a Intesa San Paolo. Potrebbe anche darsi che i vertici dell’istituto francese e quelli di Ubi stiano portando avanti una trattativa in gran segreto.

Alcuni affermano che sarebbe arrivata ad Ubi un’interessante offerta da parte di Credit Agricole, molto più appetibile in confronto a quella presentata da Intesa. Intanto entrambe le banche smentiscono e affermano che non c’è stato alcun contatto.

Ma c’è già chi definisce l’istituto francese “terzo incomodo”. E a scendere in campo al fianco di Ubi e contro Intesa c’è Unicredit. Secondo l’istituto di credito milanese, un’eventuale fusione tra prima e terza banca d’Italia sarà in grado di portare enormi rischi sul piano della concorrenza.

Insomma Credit Agricole svolge il ruolo di “terzo incomodo”, e Unicredit quello dell’ “obiettore”.