La Rai, in Italia, è la televisione per antonomasia. Gestita interamente dal Governo italiano, è un servizio pubblico, il quinto gruppo radiotelevisivo del continente. Nata nel lontano 1924, è quindi una delle più grandi aziende di telecomunicazione in Europa. Ma non sempre sono rose e fiori, il fatturato risulta molto più basso rispetto ai concorrenti (fra tutti citiamo l’altra italiana Mediaset che fattura 3-4 volte quello che riesce a fare la Rai).

Inoltre, spesso e volentieri, siamo pronti a criticare la Rai. Si va dal costo del canone fino al palinsesto televisivo, ovviamente dato che si tratta di una società statale tutti noi italiani vorremmo dare consigli o quantomeno indirizzare la Rai a trasmettere ciò che piace a noi (dato che paghiamo!). Questo però non è sempre possibile e lo sanno bene i vertici Rai che, con determinate operazioni, a volte si danno da soli la zappa sui piedi.

Avevamo parlato molto bene di Rai Way (per l’articolo clicca qui), stavolta siamo costretti ad aggiornarvi in modo negativo sulla situazione.

Urge quindi aumentare utili e ricavi se la Rai vuole continuare a tenere il passo delle grandi emittenti. E soprattutto trasmettere ciò che piace al pubblico.

Dati e statistiche

L’attività della Rai può essere definita anche “fuori mercato” dato che si tratta di un servizio pubblico. Ovviamente non può sempre gestire il marketing e procedere con operazioni di mercato come farebbe un’emittente privata, però questo non deve neanche essere considerato un alibi.

Il bilancio 2018 è finito in pareggio, con + 14 milioni di euro di utile rispetto l’anno precedente. Male invece per i ricavi che hanno registrato un calo di – 46 milioni di euro in confronto al 2017. La posizione finanziaria risulta negativa per 285 milioni di euro, mentre la perdita netta si attesta a 33,8 milioni di euro.

Ricordiamo che il gruppo Rai nel 2018, aveva con sé il 36,3 % di share, che arrivava addirittura al 37,5 % sul Prime Time. Poi, da Gennaio 2019 fino al mese di Settembre ha già perso l’1,4 % per lo share della programmazione giornaliera; che diventa – 2,35 % nel Prime Time (fascia giornaliera più importante).

Quindi, oltre al calo di ascolti per le varie trasmissioni, si registra un forte calo anche per quanto riguarda i telegiornali. Fino a qualche tempo fa, Tg1 faceva da traino, ora insieme a Tg2 è riuscito a perdere ascolti per una cifra che va da –1,2% a –1,5 %. Se la passa leggermente meglio (si fa per dire) Tg3, che perde “solamente” -0,4 %. Molto bene invece per i Tg targati Mediaset (Tg5, Studio Aperto ecc.), in forte e continua crescita.

Le cause e le spese eccessive

Il crollo c’è, si vede e si sente. Sarà meglio correre al più presto ai ripari, prima che Mediaset e le altre emittenti si prendano tutto il pubblico e lascino soltanto le briciole alla “nostra” tv.

Certo, la pubblicità che si vede in Rai è pari a 1/3 di quella che possono trasmettere le emittenti private, di conseguenza minori introiti da questo settore (uno dei principali). Al calo delle entrate, vanno ad aggiungersi anche le eccessive spese per il personale tra cui conduttori, giornalisti e presentatori. Pensate che retribuzioni ed oneri sociali (i contributi) raggiungono la soglia record di 862,2 milioni di euro l’anno. Una cifra che al momento la Rai non può permettersi di pagare, eppure continua a farlo.

Che dire, errare è umano ma perseverare è diabolico.