Ed è così che va. Due stabilimenti a rischio, 910 dipendenti in cassa integrazione e nessun piano industriale presentato dal momento dell’acquisto fino ad adesso. La giapponese Calsonic Kansei ha acquistato Magneti Marelli nel mese di Maggio 2019 per 6,2 miliardi di euro.

Da sempre controllata dal gruppo FCA, nel maggio scorso la famiglia Agnelli decise di vendere tutte le quote societarie al gruppo giapponese. Da quel momento in poi, nessuna direttiva da parte della nuova holding. Un colosso partito da Sesto San Giovanni, che con il tempo si affermato nel settore della componentistica automotive, con un fatturato annuo pari a 8,2 miliardi di euro (2017) e ben 43.000 dipendenti.

Ora il CEO del gruppo, Ermanno Ferrari, si trova alle prese con la crisi del settore e con la riduzione degli ordini, complice anche la crisi industriale (automotive) tedesca e il passaggio all’elettrico nei tempi piu brevi possibili.

Un altro pezzo di Made in Italy che va, via via, scomparendo.

La situazione attuale

La Magneti Marelli CK Holding (ora si chiama così), in una delle sue poche “uscite” ufficiali, ha dichiarato di applicare la cassa integrazione per la maggior parte dei dipendenti degli stabilimenti di Bologna e Crevalcore. Ben 910 dipendenti su 1100, numeri da capogiro. La richiesta è già stata inoltrata ai sindacati che a breve incontreranno i vertici societari per concordare tempi e modalità. Si parla di otto settimane per i dipendenti di Bologna, e tredici per quelli di Crevalcore.

La Fiom CGIL chiede alla regione Lombardia di convocare un tavolo di crisi sul settore auto.

Per lo stabilimento di Crevalcore, la cassa integrazione riguarderà 280 dipendenti su 350. Verrà risparmiato solamente il settore fonderia, per il resto tutti a casa. Situazione simile nello stabilimento di Bologna, dove in cassa integrazione ci finiranno 630 lavoratori su 800. E pensare che proprio lo stabilimento di Bologna è uno dei principali “cervelli” del gruppo. L’unico settore che verrà risparmiato è quello dei motori elettrici.

Cassa integrazione e previsioni future

L’azienda ha anche spiegato le ragioni di questa scelta. Pur non avendo mai presentato nessun piano di crescita o delle prospettive aziendali future, Marelli ha dichiarato che dietro tutto ci sono le fluttuazioni del mercato automotive. La crisi non colpisce solo l’Italia, ma tutto il mondo. Di conseguenza, gli ordini per la fabbrica di Bologna sono drasticamente calati e i componenti auto e moto risultano in esubero e invenduti.

Nonostante il momento delicato, la mossa di Marelli non ci sembra un granché. Se è questa la prima “operazione” del nuovo gruppo, allora teniamoci pronti per il peggio. La Fiom ha già chiesto che la cassa integrazione sia accompagnata da rotazione e maturazione di tutti gli istituti contrattuali. Misure simili stanno per arrivare anche negli stabilimenti in Piemonte e in Basilicata.

Infine, senza neanche una strategia aziendale a medio-lungo termine, la Marelli non può che affondare sempre più.

Noi speriamo in una rapida ripresa, anche se l’ex azienda italiana al momento, non promette nulla di buono.