Wirecard, società tedesca leader in Nord Europa nel settore dei pagamenti digitali, rischia la bancarotta.

Scomparsi quasi 2 miliardi di euro che la società avrebbe dovuto tenere in cassa come liquidità. Ma è la società stessa a dichiarare che molto probabilmente i fondi liquidi da 1,9 miliardi di euro non esistono.

Non finisce qui perché ai revisori non risultano i depositi che Wirecard ha dichiarato di avere nelle Filippine. Slitta anche la presentazione del bilancio 2019, per la terza volta, e la Borsa di Francoforte spinge giù il titolo sul Dax30.

La nota agenzia di rating, Moody’s, ha già declassato le azioni Wirecard a causa della presunta (quasi certa) irregolarità dei conti. Ora il titolo è valutato come “spazzatura”.

Una vicenda che ci ricorda molto quella della nostra Parmalat, quando il patron Tanzi falsificò il bilancio della società dichiarando di avere fondi depositati nei Caraibi. Cosa che poi si rivelò falsa.

Sappiamo tutti poi com’è andata a finire, si è trattato infatti del più grande crack di tutta la storia della finanza Europea (leggi anche: “Germania: arriva il più grande scandalo fiscale di sempre”).

E Wirecard è sulla buona strada per replicare le “gesta” di Parmalat.

Wirecard: le accuse alla Bafin

Sotto accusa ci finisce anche l’autorità federale di vigilanza finanziaria della Germania, ovvero la Bafin. A quanto pare il comportamento della nota agenzia tedesca risulta troppo compiacente nei confronti delle società “nazionali”.

Sembrerebbe che Bafin sia sempre pronta a difendere gli interessi della Germania, nonostante le evidenti criticità.

Quindi le ipotesi sono due: o la società non ha mai generato profitti o chi era alla guida di Wirecard ha rubato i quasi 2 miliardi di euro dalla “cassa”.

Siamo di fronte ad una nuova truffa Made in Germany, dopo lo scandalo Panama Papers, il collasso di Commerzbank (leggi qui), la fregatura diesel-gate di Volksvagen (leggi qui), la recente truffa ai danni di Warren Buffett (leggi qui) e molte altre. Possiamo affermare che negli ultimi anni, visto i numerosi casi, le aziende tedesche sono le più truffaldine d’Europa.

Per fortuna la verità viene sempre a galla.

La situazione attuale

Licenziamenti e dimissioni sono all’ordine del giorno nel managment della società tedesca. L’amministratore delegato Markus Braun ha infatti presentato le proprie dimissioni, finisce malissimo la sua avventura a capo dell’azienda fintech.

Accusato anche di aver manipolato i conti della società indicando depositi nelle Filippine, presso gli istituti di credito BPI e BDO. Entrambe le banche negano di aver ricevuto soldi da Wirecard, né tantomeno effettuato operazioni per conto della società tedesca. Il tutto è stato poi anche confermato dal governatore della Banca Centrale Filippina.

Ora sono a rischio anche le linee di credito concesse da alcune banche (che si dicono pronte a ritirarle) per un totale di oltre 2 miliardi di euro.

Tra queste ci sono Abn Amro, ING, Commerzbank, e vari istituti cinesi.

Scommettiamo che l’unica a non ritirare i crediti concessi sia proprio Commerzbank, istituto tedesco in passato già epicentro di scandali e fraudolenze.

Ebbene si, ormai ci siamo abituati, si tratta dell’ennesima truffa “alla tedesca”.