Written by: Automotive News

Crisi Volkswagen: i costi del lavoro minacciano la sostenibilità

Volkswagen affronta una crisi dovuta ai costi del lavoro e alla concorrenza cinese. Tagli proposti e chiusure di stabilimenti minacciano la sostenibilità, mentre i sindacati resistono con proposte alternative.

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Volkswagen, uno dei maggiori colossi automobilistici globali, è al centro di una crisi che potrebbe ridisegnare il panorama industriale tedesco. Con negoziati cruciali alle porte, l’azienda sta cercando di fronteggiare un aumento significativo dei costi del lavoro che pesa fortemente sui bilanci, rendendo le sue attività in Germania meno competitive rispetto ai principali concorrenti europei.

L’obiettivo dichiarato dal management è di risparmiare 17 miliardi di euro, una cifra imponente che potrebbe tradursi in misure drastiche: chiusura di tre stabilimenti, decine di migliaia di licenziamenti e un taglio salariale del 10%.

Non da ultimo, si propone un congelamento degli stipendi per i prossimi due anni.

La posizione dei sindacati

Dall’altra parte del tavolo, i sindacati rappresentati dall’Ig Metall offrono una proposta alternativa: rinviare l’aumento salariale del 7% per versare i fondi in un conto dedicato e rinunciare a parte dei bonus di lavoratori e dirigenti.

Tuttavia, la chiusura di fabbriche e i licenziamenti restano linee rosse invalicabili per i rappresentanti dei lavoratori, che ritengono queste soluzioni inaccettabili.

La sfida dei costi del lavoro

Volkswagen destina il 15,4% dei ricavi globali al costo del personale, una quota nettamente superiore rispetto ai concorrenti come BMW e Mercedes-Benz, che si attestano tra il 9,5% e l’11%.

Questo si traduce in un’incidenza media superiore del 51% rispetto alla concorrenza. Il divario è ancora più marcato analizzando i costi orari: Volkswagen paga in Germania 62 euro l’ora, il valore più alto del settore automobilistico globale, contro i 47 euro in Francia, 33 in Italia e 29 in Spagna.

Anche i costi di gestione delle fabbriche tedesche sono fuori scala, superiori del 25-50% rispetto ai target aziendali e, in alcuni casi, doppi rispetto alla concorrenza. Questa situazione rappresenta un grave freno per la produttività, già sotto pressione per l’ingresso di produttori cinesi sul mercato europeo, che offrono modelli a prezzi molto competitivi.

Il braccio di ferro tra azienda e sindacati

Il confronto tra Volkswagen e i sindacati si preannuncia particolarmente aspro. La cancellazione, a settembre, di un accordo contrattuale che regolava i salari in sei stabilimenti tedeschi ha ulteriormente inasprito i rapporti. I sindacati insistono sul fatto che la crisi non possa essere risolta esclusivamente con tagli al personale, poiché il costo del lavoro rappresenta solo una parte delle spese complessive del gruppo.

La proposta di Volkswagen di tagliare salari e chiudere stabilimenti è vista come una risposta drastica al calo della domanda di veicoli elettrici e alla crescente competizione globale. Tuttavia, i recenti aumenti salariali offerti da altre aziende del settore, come Tesla, aggiungono ulteriore tensione a una trattativa già complessa.

Transizione industriale e margini ridotti

Oltre ai costi del lavoro, Volkswagen affronta sfide strutturali legate alla transizione verso veicoli elettrici e tecnologie software. La joint-venture con Rivian è un esempio della necessità di investire in nuove aree, ma l’inefficienza delle divisioni interne, come Cariad, evidenzia problemi di gestione che richiedono un cambio di rotta.

La concorrenza cinese, con veicoli elettrici più economici, mette ulteriormente sotto pressione i margini, spingendo Volkswagen a cercare soluzioni di lungo periodo.

La posta in gioco: salvare stabilimenti e posti di lavoro

La chiusura di tre stabilimenti in Germania rappresenta uno scenario temuto, che potrebbe scatenare scioperi con gravi ripercussioni sulla produttività. In passato, Volkswagen aveva già annunciato piani di riduzione del personale, come il taglio di 23.000 posti entro il 2025 proposto dall’ex CEO Herbert Diess. Ora, il futuro dei lavoratori e della competitività del gruppo dipendono dall’esito di questi negoziati.

Daniela Cavallo, presidente del consiglio di fabbrica, ha ribadito che i sindacati non accetteranno compromessi che superino determinate “linee rosse”, come la chiusura di impianti. Intanto, il consiglio di fabbrica ha sottolineato che i problemi finanziari del gruppo non possono essere attribuiti esclusivamente ai costi del lavoro, ma coinvolgono altre divisioni come Porsche, Audi e Volkswagen Financial Services, che hanno registrato una perdita complessiva di 5,5 miliardi di utili.

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