Dopo cinque anni di attività, Wizz Air ha annunciato la chiusura della sua filiale emiratina a partire dal 1° settembre 2025. La compagnia, terza realtà low cost in Europa, attribuisce lo stop a fattori esterni come le alte temperature del Medio Oriente, l’instabilità geopolitica e le restrizioni normative locali.
Tuttavia, i numeri raccontano una storia diversa: la divisione di Abu Dhabi non ha mai generato utili e ha accumulato perdite per centinaia di milioni di euro. Una scommessa nata nel mezzo della pandemia che oggi viene archiviata come un fallimento operativo e finanziario.
Ma cosa è andato storto davvero? E quali sono le ripercussioni per la casa madre e per il fondo sovrano emiratino che ha partecipato all’investimento? Vale ancora la pena per le compagnie low cost puntare su mercati complessi come quello mediorientale? Scopriamolo nei prossimi paragrafi.
Una joint venture ambiziosa, ma fragile
Wizz Air Abu Dhabi è nata con grandi ambizioni a fine 2020, nel pieno dell’emergenza Covid-19. Il progetto si fondava su una joint venture tra Wizz Air Holdings, che deteneva il 49% delle quote, e il fondo sovrano emiratino Adq, che controllava il restante 51%. L’obiettivo era sfidare i colossi regionali — Emirates, Etihad, Qatar Airways e Saudia — proponendo voli a basso costo per intercettare la domanda crescente di viaggi interni e regionali.
La flotta iniziale si è rapidamente ampliata fino a raggiungere 12 Airbus A321 (8 in versione standard e 4 A321neo), tutti in leasing da società terze. Nonostante gli investimenti e l’appeal del modello low cost, la compagnia non è mai riuscita a raggiungere economie di scala sostenibili, né a imporsi in un mercato dominato da attori fortemente sovvenzionati e strutturati.
Numeri in crescita, ma lontani dalla sostenibilità
Nel 2024 Wizz Air Abu Dhabi ha trasportato circa 3,5 milioni di passeggeri. Un risultato che, se letto isolatamente, potrebbe sembrare positivo. Tuttavia, il dato nasconde una criticità evidente: il tasso di riempimento medio è stato inferiore all’80%, ben distante dalla media del 91,2% registrata dal gruppo Wizz Air a livello globale. Un gap che, nel settore aereo low cost, rappresenta un segnale allarmante.
Secondo le analisi interne, un load factor sotto l’80% non permette di coprire i costi operativi, soprattutto in una regione come il Medio Oriente dove il clima, la distanza tra le destinazioni e la concorrenza di vettori nazionali creano condizioni particolarmente sfavorevoli. I vertici della compagnia a Budapest hanno definito questi risultati “altamente insoddisfacenti”, evidenziando una mancanza di trazione sul mercato locale e un ritorno sugli investimenti sempre più lontano.
Conti in rosso: bilanci mai positivi in cinque anni
Dall’avvio delle operazioni tra il 2020 e il 2021, Wizz Air Abu Dhabi non ha mai registrato un utile. Al contrario, i conti hanno sempre chiuso in negativo, accumulando perdite consistenti. Nel solo esercizio fiscale 2024-2025, i ricavi si sono fermati sotto i 580 milioni di euro, mentre le perdite hanno superato gli 80 milioni. Il trend non è nuovo: anche nell’anno precedente, il bilancio si era chiuso con un passivo vicino ai 73 milioni di euro.
Secondo i dati raccolti da fonti aziendali, la filiale ha fatturato complessivamente 1,31 miliardi di euro nei suoi primi cinque anni di vita, ma ha generato perdite per quasi 335 milioni. Considerando anche il primo trimestre del 2025, la cifra sale ad almeno 355 milioni. Una situazione insostenibile, tanto che il gruppo non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali in merito quando interrogato sulla veridicità dei dati.
Un investimento che ha bruciato capitale
L’avventura mediorientale si è rivelata un salasso tanto per Wizz Air quanto per Adq. Dei 355 milioni di euro di perdite accumulate fino a metà 2025, circa il 49% — ovvero quasi 164 milioni — sono direttamente a carico della casa madre europea. Un fardello pesante per un gruppo che, pur essendo tra i protagonisti del settore low cost europeo, non dispone degli stessi margini finanziari delle compagnie legacy o sovvenzionate.
Non è andata meglio ad Adq, che deteneva la maggioranza della joint venture e si trova ora a dover contabilizzare perdite per oltre 181 milioni di euro. L’iniziativa, nata come un esperimento strategico per diversificare l’economia emiratina e stimolare il traffico turistico con tariffe accessibili, non ha mai raggiunto gli obiettivi prefissati. Al contrario, ha rivelato quanto sia difficile replicare il modello europeo del low cost in contesti dove il mercato è più rigido e meno competitivo.
Rating in calo e strategie da rivedere
La chiusura della filiale di Abu Dhabi si inserisce in un contesto più ampio di difficoltà per Wizz Air. Nei giorni scorsi Fitch Ratings ha abbassato il rating del debito senior unsecured del gruppo da BB+ a BB, mantenendo però un outlook stabile. Alla base del declassamento c’è una performance operativa giudicata “più debole del previsto” per l’anno fiscale concluso a marzo 2025, aggravata da costi elevati legati alla manutenzione dei motori Pratt & Whitney, in parte fermi a terra.
Nonostante una liquidità giudicata solida, il gruppo ha scelto di adottare un approccio più prudente. Tra le mosse in corso, la rinegoziazione con Airbus per ridurre l’ordine di 47 A321XLR — aerei pensati per rotte di lungo raggio — e convertire parte degli acquisti in A321neo, meno costosi e più adatti a un network regionale. Il caso Abu Dhabi ha dunque segnato un punto di svolta: Wizz Air sembra voler tornare a concentrarsi sui suoi mercati core, evitando avventure rischiose fuori dall’Europa.