Prezzi del petrolio ai minimi da cinque mesi: cosa sta succedendo sui mercati energetici

Scritto da Andrea Dicanto - 17/10/2025 - 809 visualizzazioni
Prezzi del petrolio ai minimi da cinque mesi: cosa sta succedendo sui mercati energetici

Nel corso di ottobre 2025 i prezzi del petrolio sono scesi fino ai livelli più bassi degli ultimi cinque mesi, alimentando timori su un rallentamento della domanda e un’eccessiva offerta nel 2026. Il Brent ha toccato valori attorno a 61‑62 dollari al barile, mentre il WTI è sceso vicino a 58 dollari (rilevazioni aggiornate al 15 ottobre).

Questo calo – rapido e deciso – solleva interrogativi sulle dinamiche di fornitura globale e sul reequilibrio del mercato energetico: fino a che punto l’offerta potrà prevalere sulla domanda? E quali scenari ci attendono nei prossimi mesi?

Le cause del crollo: surplus in vista nel 2026

La principale ragione dietro la debolezza dei prezzi è la crescente preoccupazione per un eccesso di offerta globale atteso per il 2026. L’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) ha aggiornato al rialzo le sue stime: secondo il report pubblicato a metà ottobre, il mercato potrebbe registrare un surplus di quasi 4 milioni di barili al giorno nella seconda metà del 2026, contro una previsione precedente di circa 2,8 milioni.

Un tale eccesso di offerta – che rappresenterebbe uno dei più ampi degli ultimi dieci anni – metterebbe sotto pressione non solo i prezzi spot, ma anche le strategie di stoccaggio e le politiche energetiche dei paesi esportatori.

Produzione record dagli usa e nuove spinte globali

A rafforzare questo scenario interviene la produzione record degli Stati Uniti, che ha toccato il massimo storico di 13,636 milioni di barili al giorno. Mai prima d’ora l’industria americana dello shale oil aveva registrato volumi così elevati. Anche altri paesi extra-OPEC stanno contribuendo alla sovrapproduzione. Brasile, Canada e Guyana hanno significativamente aumentato la loro capacità produttiva, erodendo quote di mercato tradizionalmente dominate dal cartello OPEC+.

Allo stesso tempo, proprio l’OPEC+ – nonostante i tentativi precedenti di stabilizzare i prezzi – ha iniziato una graduale riduzione dei tagli volontari alla produzione, complicando ulteriormente il quadro e alimentando la percezione di un’offerta eccessiva e difficile da coordinare.

Le tensioni geopolitiche e il ruolo dell’energia

Nel contesto geopolitico, l’energia continua a essere uno strumento di influenza. L’annuncio del presidente Donald Trump, che ha confermato un imminente incontro con Vladimir Putin a Budapest per discutere del conflitto in Ucraina, ha attirato l’attenzione degli osservatori dei mercati energetici. Uno dei punti caldi della diplomazia energetica riguarda il petrolio russo, ancora parzialmente sotto sanzioni, ma ampiamente esportato in Asia. Trump ha dichiarato che l’India starebbe valutando il blocco degli acquisti di greggio russo.

Tuttavia, il governo indiano ha prontamente smentito questa affermazione, ribadendo la propria neutralità strategica e l’intenzione di mantenere diversificate le fonti di approvvigionamento. Queste incertezze politiche – seppur potenzialmente rialziste – per ora non hanno prodotto un impatto sostenibile sui prezzi.

Le banche d’investimento lanciano l’allarme

Anche i principali istituti finanziari stanno rivedendo al ribasso le loro proiezioni. Bank of America ha pubblicato un’analisi in cui si avverte che, in caso di ulteriore indebolimento della domanda cinese o di nuove tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina, il prezzo del Brent potrebbe scivolare sotto i 50 dollari al barile.

Un tale scenario implicherebbe una crisi di redditività per numerosi produttori ad alto costo e potrebbe innescare una nuova fase di consolidamento del settore. Il rischio è che una reazione a catena nei mercati emergenti – in particolare quelli fortemente dipendenti dalle esportazioni di energia – possa amplificare gli effetti macroeconomici negativi.

Reazioni del mercato: tra rimbalzi tecnici e nuova pressione

Negli ultimi giorni si è assistito a una temporanea ripresa dei prezzi, favorita da alcune speranze legate a un possibile disgelo nei negoziati commerciali tra Stati Uniti e Cina. Tuttavia, il rimbalzo si è rapidamente esaurito, lasciando nuovamente spazio alla pressione ribassista derivante dal previsto surplus globale.

Gli operatori sembrano già scontare uno scenario di eccesso duraturo, con future contrattuali che mostrano un’inclinazione verso contango – segnale evidente che il mercato prevede prezzi più bassi nel breve termine rispetto al lungo periodo.

Prospettive energetiche globali: tra incertezza e transizione

Il contesto globale dell’energia rimane incerto. Alla sovrapproduzione si sommano fattori geopolitici imprevedibili e interrogativi legati alla domanda globale, soprattutto in Cina e nei paesi OCSE. Nel medio termine, la transizione energetica e gli investimenti nelle rinnovabili continueranno a influenzare il panorama petrolifero, ma nel breve periodo i mercati dovranno fare i conti con un surplus strutturale difficile da riassorbire.

Gli analisti concordano: il 2026 si apre all’insegna della volatilità. E in un mondo dove domanda e offerta non riescono più a muoversi in sincronia, il prezzo del petrolio resta una delle variabili più complesse da decifrare.

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