Opec+ tra equilibri geopolitici e sfide di mercato: cosa sta accadendo nel cartello del petrolio?
L’alleanza OPEC+, il blocco dei principali produttori di petrolio al mondo guidato da Arabia Saudita e Russia, si trova in una fase delicata della sua storia recente. Domenica scorsa, durante una riunione virtuale, i membri dell’alleanza hanno deciso un modesto aumento della produzione pari a 137.000 barili al giorno a partire da novembre, confermando lo stesso incremento adottato in ottobre. Una decisione che, a prima vista, può sembrare tecnica e poco significativa, ma che in realtà riflette profonde tensioni interne e divergenze strategiche tra i due giganti dell’OPEC+: da una parte la Russia, cauta e condizionata dalle sanzioni internazionali, e dall’altra l’Arabia Saudita, più aggressiva e intenzionata a riconquistare quote di mercato.
Questa apparente armonia maschera un equilibrio precario: riuscirà l’OPEC+ a mantenere la coesione interna in un contesto di mercato sempre più incerto? Quali conseguenze potrebbero derivare da un eccesso di offerta in un momento in cui la domanda cresce a rilento?
Un compromesso fragile tra otto membri produttori
La decisione di aumentare la produzione giornaliera di 137.000 barili rappresenta un compromesso tra le posizioni divergenti dei membri dell’OPEC+, attualmente ridotti a otto paesi attivi nel meccanismo di coordinamento delle quote. Questo modesto incremento è il frutto di una trattativa difficile, in cui si è cercato di equilibrare esigenze geopolitiche, interessi economici e limiti produttivi. La cifra scelta per novembre rispecchia quella già attuata a ottobre, segnando una linea di continuità strategica che però nasconde contrasti ben più profondi.
Se da un lato si cerca di evitare shock nei mercati internazionali, dall’altro si comincia a intravedere un cambio di paradigma nella gestione della produzione, non più focalizzata solo sul sostegno ai prezzi, ma anche sulla riconquista delle quote di mercato perse negli ultimi anni.
Arabia Saudita e Russia: visioni divergenti per il futuro del petrolio
Il cuore del disaccordo all’interno dell’OPEC+ riguarda l’ampiezza dell’aumento produttivo. La Russia ha promosso un approccio prudente, spingendo per un incremento contenuto di 137.000 barili al giorno. Una linea dettata in parte da necessità: la produzione russa è limitata dalle sanzioni internazionali legate al conflitto in Ucraina e da difficoltà logistiche e infrastrutturali interne. Mosca ha quindi tutto l’interesse a evitare un calo eccessivo dei prezzi che potrebbe compromettere ulteriormente le sue entrate energetiche, fondamentali per il bilancio statale.
Dall’altra parte, l’Arabia Saudita ha mostrato un atteggiamento molto più aggressivo, proponendo aumenti ben più consistenti: da 274.000 fino a 548.000 barili al giorno. Riyadh dispone infatti di una capacità produttiva inutilizzata che potrebbe essere rapidamente attivata. L’obiettivo saudita è quello di riconquistare rapidamente quote di mercato erose dalla crescita dello shale oil statunitense, approfittando della propria flessibilità e della sua influenza all’interno dell’OPEC+.
I timori del mercato: il rischio di un eccesso di offerta
Le divergenze interne all’alleanza si riflettono direttamente sull’umore dei mercati, che hanno iniziato a prezzare il rischio di un’offerta eccessiva. Negli ultimi sette giorni, il prezzo del Brent è sceso sotto i 65 dollari al barile, registrando un calo dell’8%, a causa delle speculazioni su un aumento troppo rapido della produzione. Gli analisti temono che la fragile domanda globale, rallentata anche dal contesto macroeconomico incerto, non sia in grado di assorbire i nuovi volumi senza un impatto negativo sui prezzi.
Le previsioni per il quarto trimestre 2025 e per il 2026 indicano un probabile surplus di offerta. Questo è dovuto non solo all’incremento produttivo da parte dell’OPEC+, ma anche alla continua crescita della produzione statunitense e alla relativa debolezza della domanda nei mercati emergenti.
Le previsioni divergenti tra AIE e OPEC
A complicare ulteriormente il quadro vi sono le stime discordanti tra i principali osservatori del mercato. L’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE) prevede una crescita della domanda globale molto contenuta: appena 700.000 barili al giorno tra il 2025 e il 2026. Una cifra che riflette l’effetto delle politiche di transizione energetica, l’elettrificazione dei trasporti e l’indebolimento della domanda in Cina ed Europa.
L’OPEC, invece, mantiene una visione decisamente più ottimistica. Le sue previsioni indicano un aumento della domanda di 1,3 milioni di barili al giorno nel 2025 e di 1,4 milioni nel 2026. Questa discrepanza di visione condiziona le strategie interne all’alleanza, con alcuni paesi che temono un’esuberanza produttiva priva di reale assorbimento di mercato.
OPEC+ cambia strategia: fine della difesa dei prezzi?
Negli ultimi mesi, l’OPEC+ ha aumentato i suoi obiettivi di produzione complessiva di oltre 2,6 milioni di barili al giorno per il 2025, pari a circa il 2,5% della domanda globale stimata. Si tratta di un chiaro segnale di un cambio di approccio: da una politica di tagli volti a sostenere i prezzi, si passa ora a una strategia più offensiva di riconquista delle quote di mercato perse.
Questa nuova linea, tuttavia, comporta rischi significativi. Un’offerta in eccesso potrebbe comprimere i prezzi in modo duraturo, innescando una nuova fase di volatilità simile a quella vissuta nel 2014-2016. Allora, fu proprio un’espansione incontrollata della produzione a provocare un crollo dei prezzi sotto i 30 dollari al barile, con gravi conseguenze per le economie più dipendenti dagli introiti petroliferi.
Verso la prossima riunione del 2 novembre: decisioni cruciali in arrivo
L’OPEC+ ha raggiunto il picco delle riduzioni produttive nel marzo scorso, quando i tagli ammontavano a 5,85 milioni di barili al giorno. La prossima riunione, prevista per il 2 novembre, sarà cruciale per determinare se l’alleanza intende proseguire con gli aumenti o se prevarrà un atteggiamento più cauto in risposta alle dinamiche di mercato.
Tutto dipenderà dal fragile equilibrio tra Arabia Saudita e Russia e dalla loro capacità di trovare una sintesi tra interessi divergenti. Le decisioni che verranno prese potrebbero segnare la direzione del mercato petrolifero globale per tutto il 2026.