Openbank lancia il trading crypto: rivoluzione nel mondo bancario europeo

Scritto da Redazione Online - 17/09/2025 - 450 visualizzazioni
Openbank lancia il trading crypto: rivoluzione nel mondo bancario europeo

Nel panorama europeo delle criptovalute, qualcosa di molto significativo sta cambiando. Dopo anni di diffidenza, sperimentazioni timide e regolamentazioni sempre più stringenti, un colosso bancario ha deciso di rompere gli indugi: Openbank, banca digitale del gruppo Santander, ha annunciato il lancio del trading crypto per i suoi clienti retail. Una decisione che segna un punto di svolta per l’intero settore finanziario tradizionale, finora spesso ostile – o quantomeno restio – ad abbracciare completamente l’innovazione decentralizzata.

Ma cosa significa davvero questo passo per il futuro delle criptovalute in Europa? È l’inizio di una nuova era per il settore bancario? E soprattutto: l’Italia seguirà l’esempio oppure rimarrà indietro ancora una volta?

Santander spiazza tutti: crypto per i clienti retail su Openbank

Secondo quanto riportato da Bloomberg, Openbank – che opera sotto il grande ombrello del gruppo Santander – renderà disponibile il trading di criptovalute ai clienti retail nelle prossime settimane. Una mossa che ha sorpreso il mercato, soprattutto considerando il contesto regolatorio europeo, spesso poco favorevole alla diffusione degli strumenti crypto verso l’utenza privata.

A confermarlo è stata Coty de Monteverde, responsabile della divisione crypto per Santander, con una dichiarazione chiara:

“Integrando le criptovalute principali nella nostra piattaforma di investimento, stiamo rispondendo alla domanda di alcuni dei nostri clienti.”

Una domanda, dunque, che parte dal basso e che la banca ha scelto di ascoltare. Secondo le prime informazioni, le commissioni per il trading saranno del 1,49% a transazione, ma non saranno previste spese di custodia, un elemento che potrebbe attirare anche i piccoli investitori.

Mentre le autorità europee stringono, alcune banche aprono

L’iniziativa di Santander non passa inosservata anche per un altro motivo: arriva in netto contrasto con l’atteggiamento prudente – se non ostile – delle autorità europee nei confronti del settore crypto. Negli ultimi mesi, infatti, le istituzioni comunitarie hanno intensificato gli sforzi per regolamentare e contenere l’esposizione delle banche e degli investitori retail agli asset digitali.

In questo scenario, la mossa di Santander assume i contorni di una vera e propria “resistenza istituzionale” al controllo normativo. Non è un caso che altri grandi gruppi bancari europei, come Société Générale in Francia o Deutsche Bank in Germania, si stiano muovendo in direzioni simili, puntando a integrare servizi crypto all’interno della loro offerta tradizionale.

Il messaggio è chiaro: nonostante i vincoli regolatori, il settore bancario non intende rimanere escluso dalla rivoluzione digitale in corso.

L’italia resta al palo: timide aperture e poca innovazione

E in Italia? La situazione è ben diversa. I principali gruppi bancari del Paese sembrano ancora lontani dall’adozione attiva di strumenti crypto, soprattutto nel segmento retail.

Unicredit ha fatto un timido passo, incapsulando Bitcoin in un certificato dedicato ai clienti professionali, mentre Intesa Sanpaolo ha acquistato 11 Bitcoin a scopo sperimentale, ma sempre in un contesto limitato e riservato a una clientela ristretta.

Per il resto, l’offerta si limita alla distribuzione di ETP (Exchange Traded Products) sulle criptovalute nei mercati regolamentati europei. Strumenti che garantiscono maggiore controllo alle banche, ma che non permettono agli utenti di possedere direttamente gli asset digitali, rinunciando così a una delle caratteristiche fondamentali delle crypto: la disintermediazione.

Tra regolazione e concorrenza: si apre un nuovo fronte?

La notizia del trading crypto su Openbank mette in luce un altro aspetto chiave: lo scontro crescente tra regolatori e settore privato. Da una parte, infatti, c’è la volontà politica di regolamentare (e in parte contenere) l’impatto delle criptovalute sul sistema finanziario tradizionale. Dall’altra, ci sono le banche che, vedendo un’opportunità di mercato, spingono per integrare queste tecnologie nei propri servizi.

Quello che si sta delineando, quindi, è un fronte “apertista” sempre più definito. Un asse bancario che include già realtà di primo piano come Santander, Société Générale e Deutsche Bank, pronto a sfidare lo status quo normativo pur di non perdere terreno nel confronto con i nuovi attori digitali.

L’Italia, per ora, resta fuori da questa partita, ma quanto ancora potrà permettersi di stare a guardare?

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