Negli ultimi anni, l’intelligenza artificiale ha rappresentato uno dei motori più potenti dell’euforia nei mercati finanziari globali. Le società tech legate all’AI, da Nvidia a AMD, passando per i giganti del cloud come Microsoft e Oracle, hanno registrato performance da record e attirato ingenti capitali da investitori istituzionali e retail. Tuttavia, dietro l’entusiasmo per l’innovazione si stanno facendo strada segnali preoccupanti: autorevoli istituzioni internazionali iniziano a parlare apertamente di una possibile “bolla AI”, paventando scenari simili a quello vissuto durante il crollo delle dot-com nei primi anni 2000.
La recente presa di posizione della Banca d’Inghilterra e le dichiarazioni del Fondo Monetario Internazionale hanno sollevato un campanello d’allarme tra analisti e operatori di mercato. Stiamo sopravvalutando l’impatto economico dell’intelligenza artificiale? Le valutazioni azionarie sono sostenibili o stiamo assistendo a un’euforia collettiva destinata a sgonfiarsi?
Cosa ci insegna la storia delle bolle finanziarie? E cosa dovrebbe valutare un investitore prima di scommettere su un settore in rapidissima evoluzione ma ancora pieno di incertezze?
L’avvertimento severo della Banca d’Inghilterra
La Banca d’Inghilterra ha recentemente espresso il suo più forte avvertimento finora riguardo ai rischi legati agli investimenti in aziende tecnologiche focalizzate sull’intelligenza artificiale. Secondo l’istituzione, i mercati stanno mostrando segni evidenti di “valutazioni gonfiate”, con il rischio concreto di un “correttivo di mercato brusco”.
Il paragone con la bolla delle dot-com non è stato scelto a caso: all’inizio degli anni 2000, la fiducia smisurata nelle potenzialità di internet portò a una rapida impennata delle valutazioni seguita da un crollo altrettanto violento.
L’elemento che desta maggiore preoccupazione è la concentrazione dei capitali su un numero ristretto di aziende. Oggi, cinque sole società – le cosiddette “Magnificent 5” del settore tech – rappresentano quasi il 30% dell’intero valore dell’indice S&P 500, il livello di concentrazione più alto registrato negli ultimi 50 anni.
Una dinamica che espone l’intero mercato a un rischio sistemico in caso di shock negativo nel comparto AI.
Le preoccupazioni del fondo monetario internazionale
Anche il Fondo Monetario Internazionale ha sollevato l’allarme. Kristalina Georgieva, Direttore Generale del FMI, ha affermato che le attuali valutazioni azionarie legate all’AI stanno raggiungendo livelli paragonabili a quelli del boom internet di 25 anni fa. Pur riconoscendo l’importanza strategica dell’AI, Georgieva ha sottolineato che i governi e i ministri delle finanze dovrebbero prepararsi a un’epoca di elevata incertezza, che ha definito “la nuova normalità”.
L’elemento più critico secondo il FMI è la discrepanza tra le aspettative degli investitori e i risultati economici reali. Nonostante le potenzialità, molte aziende stanno ancora cercando di monetizzare in modo efficace i loro investimenti in intelligenza artificiale, con risultati altalenanti.
Le opinioni contrastanti a Wall Street
Le grandi banche d’investimento non sono unanimi nella lettura del fenomeno. Goldman Sachs, per esempio, sostiene che non siamo ancora dentro una bolla, ma riconosce la presenza di elementi ricorrenti che ricordano situazioni precedenti di instabilità. Il CEO David Solomon ha dichiarato che nei prossimi 12-24 mesi potrebbe verificarsi un calo significativo delle azioni legate all’AI, con un andamento simile all’era delle dot-com.
Di tono più rassicurante Bank of America, che ha ridimensionato i timori relativi al cosiddetto “finanziamento circolare” – cioè investimenti effettuati da aziende AI in altre imprese del settore per rafforzarne la capitalizzazione apparente. Secondo BofA, tale dinamica rappresenterebbe solo il 5-10% degli investimenti previsti nel settore da qui al 2030.
I casi Nvidia, AMD e OpenAI: un ecosistema chiuso?
Un esempio emblematico delle dinamiche criticate è quello di Nvidia, tra le principali protagoniste del boom AI, che ha investito direttamente in aziende clienti come OpenAI. Una mossa che solleva interrogativi sulla trasparenza del valore reale delle partecipazioni.
Allo stesso modo, AMD ha recentemente annunciato di aver concesso una quota del 10% di una propria divisione a OpenAI a un prezzo simbolico, subito premiata dai mercati con un rialzo del 24% del titolo.
Queste operazioni sollevano dubbi sull’effettiva creazione di valore, alimentando la percezione che una parte significativa della crescita di mercato sia basata più su aspettative e hype che su fondamentali economici solidi.
Il rischio sistemico legato alla concentrazione del mercato
Secondo Morgan Stanley, l’intelligenza artificiale ha assunto un ruolo dominante nella dinamica dei mercati azionari: i titoli AI hanno contribuito al 75% dei rendimenti dell’S&P 500, all’80% della crescita degli utili e al 90% degli investimenti da quando è stato lanciato ChatGPT.
Questa iperconcentrazione implica che eventuali ridimensionamenti delle aspettative sull’AI potrebbero avere un impatto molto più ampio del solo comparto tecnologico. Un cambio di rotta nel sentiment degli investitori potrebbe rapidamente trasformarsi in una correzione estesa su scala globale.
Ritorni economici ancora incerti
Un recente studio condotto dal MIT ha rivelato che il 95% delle organizzazioni non sta ancora ottenendo ritorni significativi dai propri investimenti in AI generativa. A confermare le difficoltà operative è anche il caso di Oracle, che ha riportato margini di profitto nel business cloud AI attorno al 14%, ben al di sotto delle aspettative di mercato.
La realtà, almeno per ora, è che molti dei modelli economici basati sull’AI non sono ancora riusciti a generare profitti sostenibili. L’entusiasmo resta, ma è accompagnato da una crescente consapevolezza che non tutte le promesse saranno mantenute.
Consigli per gli investitori: come muoversi in un mercato ai ad alta volatilità
In un contesto di entusiasmo crescente ma anche di incertezze significative, gli investitori devono adottare un approccio razionale e ben ponderato. Il primo consiglio è quello di diversificare il portafoglio: evitare l’iperconcentrazione su titoli AI, anche se oggi sono protagonisti del mercato, riduce il rischio di esposizione a un eventuale crollo settoriale.
In secondo luogo, è fondamentale analizzare i fondamentali economici delle aziende in cui si investe. Valutazioni elevate non sempre riflettono risultati reali: guardare agli utili, ai margini operativi e alla sostenibilità del modello di business può aiutare a distinguere le vere opportunità dall’hype speculativo.
Attenzione anche ai segnali di “finanziamento circolare” e a partnership che, pur facendo notizia, potrebbero avere un impatto limitato sui bilanci aziendali. In un ecosistema giovane come quello dell’intelligenza artificiale, non tutte le innovazioni si trasformeranno in profitti.
Infine, per gli investitori retail, può essere utile adottare una strategia graduale e di lungo termine, evitando ingressi impulsivi e monitorando costantemente l’evoluzione tecnologica e normativa del settore. L’intelligenza artificiale è una rivoluzione reale, ma non esente da rischi: la prudenza è una componente essenziale di ogni strategia vincente.