Oro ai massimi storici: cosa sta spingendo il prezzo verso nuovi record?
Il 2025 sarà ricordato come l’anno d’oro… per l’oro. Il metallo prezioso ha toccato un nuovo massimo storico il 6 ottobre, arrivando a 3.942,31 dollari l’oncia, con un rialzo giornaliero dell’1,43% e un impressionante guadagno del 49,16% da inizio anno. Un rally senza precedenti che sta attirando l’attenzione di analisti, investitori istituzionali e piccoli risparmiatori di tutto il mondo.
Ma cosa c’è dietro questa corsa sfrenata dell’oro? A trainare la crescita concorrono una combinazione di fattori geopolitici, economici e monetari: dallo shutdown del governo americano, alle attese di tagli dei tassi da parte della Federal Reserve, fino alla debolezza del dollaro e all’aumento degli acquisti di oro da parte delle banche centrali. Ogni elemento ha contribuito ad alimentare un clima di incertezza che rende l’oro il rifugio per eccellenza nei momenti turbolenti.
Cosa significa tutto questo per i mercati? E cosa possono aspettarsi gli investitori nei prossimi mesi? L’oro ha davvero spazio per salire ancora o il picco è vicino?
Il prezzo dell’oro nel 2025: un rally storico
Nel corso del 2025, il prezzo dell’oro ha seguito un trend rialzista costante e deciso, culminato il 6 ottobre con un record assoluto di 3.942,31 dollari l’oncia. L’aumento è stato del 49,16% da inizio anno, una performance rara anche nei cicli più favorevoli della storia recente.
Questo aumento ha avuto un impatto diretto sui mercati delle materie prime, trainando verso l’alto anche altri metalli preziosi e accendendo l’interesse di investitori istituzionali, fondi sovrani e banche centrali. L’oro si è confermato non solo come bene rifugio, ma anche come asset strategico in portafogli diversificati.
Shutdown del governo USA: l’incertezza che alimenta la domanda di oro
Uno dei fattori scatenanti dell’attuale rally è stato l’inizio dello shutdown federale americano, avvenuto mercoledì 2 ottobre 2025, a causa del mancato accordo tra Democratici e Repubblicani sul finanziamento del governo.
Questo blocco ha generato un forte clima di incertezza sui mercati, influenzando negativamente la fiducia degli investitori e bloccando la pubblicazione di dati economici fondamentali, tra cui il rapporto sui posti di lavoro non agricoli di settembre.
Secondo l’analista senior Jim Wyckoff, più a lungo durerà la paralisi governativa, più l’oro ne trarrà beneficio. In assenza di riferimenti macroeconomici aggiornati, gli investitori tendono a rifugiarsi in asset percepiti come sicuri, e l’oro rappresenta da sempre il principale tra questi.
Tagli attesi dalla FED: perché il prezzo dell’oro reagisce ai tassi
Un altro elemento decisivo è l’orientamento della politica monetaria americana. I mercati prevedono con quasi totale certezza un taglio dei tassi d’interesse di 25 punti base da parte della Federal Reserve già a fine ottobre, seguito da un ulteriore intervento a dicembre.
Questi tagli, motivati da segnali di rallentamento dell’economia e da un’inflazione ancora al di sopra del target (attualmente al 2,9%), contribuiscono ad abbassare il costo opportunità di detenere oro. A differenza delle obbligazioni, l’oro non genera rendimenti, ma diventa più competitivo quando i tassi scendono.
Secondo la Bank of America, l’oro storicamente ha sempre performato bene in fasi di allentamento monetario con inflazione sopra la media. Per questo motivo, molti analisti prevedono che il prezzo possa superare i 4.000 dollari l’oncia entro il 2026.
Il dollaro debole spinge l’oro: un fattore decisivo
Nel 2025, il dollaro statunitense ha perso oltre il 10% rispetto alle principali valute globali, segnando la prima contrazione annuale a doppia cifra nella storia recente. Questo indebolimento ha reso l’oro più accessibile per gli acquirenti esteri, favorendone ulteriormente la domanda.
Le difficoltà fiscali degli Stati Uniti, con un debito pubblico salito al 119% del PIL, stanno aumentando i dubbi sulla solidità della valuta americana. In un contesto in cui la fiducia nel dollaro vacilla, l’oro si consolida come alternativa concreta di riserva di valore.
L’ascesa delle banche centrali come compratori di oro
Un ruolo sempre più rilevante è giocato dalle banche centrali, che stanno incrementando significativamente le loro riserve auree. Secondo i dati del World Gold Council, le riserve ufficiali mondiali hanno superato le 36.000 tonnellate, rendendo l’oro la seconda riserva più importante dopo il dollaro.
Nel solo mese di agosto 2025, sono state aggiunte 15 tonnellate in più rispetto a luglio. La Banca Nazionale del Kazakistan è risultata il maggiore acquirente del mese, mentre la Polonia guida la classifica annuale con 67 tonnellate acquistate da inizio anno.
Questo aumento strutturale della domanda istituzionale consolida il supporto al prezzo dell’oro anche nel lungo periodo, rafforzando la percezione del metallo come pilastro della stabilità finanziaria internazionale.
Prospettive future: l’oro supererà i 4.000 dollari?
Alla luce di tutti questi elementi – tensioni politiche negli Stati Uniti, tagli dei tassi d’interesse, dollaro debole e acquisti delle banche centrali – gli analisti concordano su uno scenario favorevole per l’oro anche nei prossimi mesi.
Molti istituti finanziari prevedono un superamento della soglia simbolica dei 4.000 dollari l’oncia entro il 2026. Tuttavia, non mancano le incognite: un’eventuale ripresa economica globale, la normalizzazione delle politiche monetarie o una stabilizzazione geopolitica potrebbero frenare la corsa del metallo giallo.
Per gli investitori, la chiave sarà monitorare attentamente l’evoluzione dei fattori macroeconomici e valutare l’oro non solo come bene rifugio, ma come asset strategico all’interno di una diversificazione intelligente del portafoglio.
Il rally dell’oro nel 2025 non è frutto di una moda passeggera, ma la conseguenza di dinamiche complesse e interconnesse a livello globale. Lo scenario rimane aperto, ma il metallo prezioso continua a brillare come una delle poche certezze in un mondo incerto.