In Spagna è in corso un’operazione bancaria che sta facendo molto discutere. Non si tratta solo di numeri, ma di identità, territorio e potere. BBVA, secondo gruppo bancario del Paese, ha lanciato un’offerta pubblica di scambio (OPSC) su Banco Sabadell, storico istituto catalano profondamente radicato nella regione. Un’operazione che, pur fondata su basi finanziarie, ha innescato reazioni politiche e culturali significative, con toni sempre più accesi tra le parti.
Ma quali sono le vere ragioni dietro questa fusione? E perché sta generando così tanta attenzione a livello istituzionale e mediatico?
Le condizioni dell’offerta: 17 miliardi in gioco
BBVA ha rilanciato la sua proposta iniziale presentata a maggio 2024, migliorandola a settembre con un incremento del 10% per convincere gli azionisti più riluttanti. L’offerta prevede lo scambio di 4,8376 azioni BBVA per ogni azione Sabadell, per un valore complessivo vicino ai 17 miliardi di euro.
Nonostante il consiglio di amministrazione di Sabadell abbia respinto l’offerta definendola insufficiente, la decisione finale è nelle mani degli azionisti, che possono scegliere di accettare o meno l’operazione.
La spinta degli investitori: soglia del 50% nel mirino
Il CEO di BBVA, Onur Genç, ha dichiarato che la risposta degli azionisti all’OPSC sta andando “ben oltre le aspettative”. Durante un intervento al 16° Meeting Finanziario di KPMG a Madrid, Genç ha evidenziato l’ottima reazione sia degli investitori istituzionali che retail, sottolineando che l’offerta garantisce un incremento del 41% degli utili per azione post-fusione rispetto a Sabadell standalone.
Secondo BBVA, il 30% del capitale di Sabadell è detenuto da investitori istituzionali attivi, incluse figure specializzate come gli arbitraggisti, che sarebbero orientati ad accettare. Altri 20% sono investitori passivi, come i fondi indicizzati legati all’IBEX 35, anch’essi generalmente favorevoli. Resta quindi l’incognita del 40% di piccoli azionisti retail, al centro delle ultime iniziative di BBVA per facilitare la partecipazione anche presso sportelli non appartenenti al gruppo.
Politica e identità: il caso catalano
Ciò che rende questa fusione particolarmente controversa è il peso simbolico della possibile acquisizione di Sabadell, banca storicamente associata alla Catalogna, da parte di un gruppo percepito come “centrale”. La campagna pubblicitaria lanciata da Sabadell, in catalano, ha rafforzato questo sentimento, evocando il patrono San Giorgio che uccide il drago, identificando BBVA come minaccia.
Il governo spagnolo si è mosso con cautela, preoccupato dalle reazioni dei partiti indipendentisti, Junts e ERC, da cui dipende l’attuale maggioranza. Nonostante l’autorità di vigilanza abbia approvato l’operazione, il governo ha posto condizioni stringenti: per tre anni BBVA non potrà chiudere filiali né licenziare il personale di Sabadell. Una misura pensata per contenere le preoccupazioni sulla perdita di centralità della banca nella regione.
Una fusione che non piace a tutti
Nonostante l’ottimismo di BBVA, alcune voci contrarie restano forti. Il gruppo Zurich, secondo azionista di Sabadell con circa il 5%, ha già respinto pubblicamente l’offerta. Anche i partiti catalani, dopo una fase di silenzio, hanno chiesto che la fusione venga annullata se l’adesione non supera subito il 50%, contrariamente alla possibilità di procedere con una seconda offerta (OPA) tra il 30% e il 50%.
Genç ha però smentito con fermezza questa ipotesi: “Attendere una seconda offerta non ha senso, non ci sarebbe alcun vantaggio né in termini di prezzo né di condizioni. Il prezzo resterebbe lo stesso. Gli azionisti che non aderiscono adesso resteranno esclusi dai benefici”.
Quali scenari futuri?
Se BBVA dovesse superare la soglia del 50% – ipotesi ormai sempre più probabile – la fusione diventerà realtà. E a quel punto, la questione non sarà solo se i numeri tornano, ma come verrà gestita la governance e il radicamento territoriale della nuova realtà bancaria. Il rischio, per molti in Catalogna, è che una volta assorbita, Sabadell possa perdere il proprio ruolo a favore di una visione più centralista e distante dalle esigenze locali.