Tassi fermi in Europa: la BCE congela il costo del denaro, ma i mutui in Italia continuano a salire

Scritto da Andrea Dicanto - 19/12/2025 - 245 visualizzazioni
Tassi fermi in Europa: la BCE congela il costo del denaro, ma i mutui in Italia continuano a salire

La Banca Centrale Europea ha confermato, come previsto dagli analisti, il mantenimento dei tassi di interesse dell’Eurozona: il tasso sui depositi resta stabile al 2%, quello sui rifinanziamenti principali al 2,15%, e il tasso sui prestiti marginali al 2,40%. Una decisione che riflette un quadro economico ritenuto sufficientemente stabile, senza pressioni inflazionistiche preoccupanti. Ma cosa comporta questa scelta per i mercati finanziari, le famiglie italiane e il futuro del credito? E perché, nonostante il fermo dei tassi ufficiali, le rate dei mutui fissi continuano a salire nel nostro Paese? Scopriamo insieme l’impatto delle ultime decisioni di Francoforte sull’economia reale e cosa aspettarci nel 2026.

BCE prudente: tassi invariati per mantenere la stabilità

Il Consiglio direttivo della BCE ha scelto di lasciare invariati i tassi di riferimento, confermando la linea di cautela già avviata nei mesi precedenti. La decisione arriva dopo otto tagli consecutivi che, in un anno, hanno ridotto il costo del denaro di due punti percentuali. La stabilità attuale segnala la volontà di Francoforte di monitorare attentamente l’evoluzione macroeconomica senza intraprendere azioni premature.

Secondo quanto comunicato dalla stessa BCE, le decisioni continueranno a seguire un approccio “data-driven”, ovvero guidato dai dati. Nessun vincolo a un percorso prestabilito: ogni scelta sarà valutata riunione per riunione, sulla base delle prospettive di inflazione, dei rischi correlati e dell’efficacia della trasmissione della politica monetaria.

Crescita più solida del previsto: riviste al rialzo le stime sul PIL

Le nuove previsioni economiche aggiornate dalla BCE offrono un quadro più ottimistico rispetto a quello delineato a settembre. Il PIL dell’Eurozona è atteso in crescita dell’1,4% nel 2025 (contro l’1,2% precedente) e dell’1,2% nel 2026 (dal precedente +1%). Per il 2027 si prevede un ulteriore rafforzamento, con un’espansione dell’1,4%. Il motore principale resta la domanda interna, che secondo gli analisti europei sta mostrando segnali di ripresa più vigorosi del previsto.

Inflazione sotto controllo, ma i servizi rallentano il calo

Dal fronte dei prezzi arrivano segnali rassicuranti. L’inflazione generale dovrebbe attestarsi al 2,1% nel 2025, all’1,9% nel 2026 e all’1,8% nel 2027, per poi stabilizzarsi al 2% nel 2028. L’inflazione core, depurata da energia e alimentari, dovrebbe seguire un percorso simile, con una discesa più graduale: 2,4% nel 2025, 2,2% nel 2026 e 1,9% nel 2027.

Il rallentamento meno marcato dell’inflazione nei servizi rappresenta una delle principali ragioni della revisione al rialzo delle stime per il 2026. Questo settore, infatti, continua a mostrare una certa inerzia nella discesa dei prezzi, complicando il ritorno rapido verso il target del 2%.

Mutui: tassi BCE fermi, ma le famiglie italiane pagano di più

Nonostante la BCE abbia lasciato i tassi ufficiali invariati, il mercato dei mutui in Italia continua a registrare aumenti, soprattutto sul fronte dei prestiti a tasso fisso. Lo evidenzia il Codacons, che denuncia un incremento del tasso medio sui mutui dal 3,50% di gennaio al 3,73% di ottobre 2025, secondo dati della Banca d’Italia. Un rialzo dello 0,23% che si traduce in un aggravio annuale di 222 euro per un mutuo da 150 mila euro a 30 anni, o di 187 euro per un prestito da 120 mila euro su 25 anni.

Questa dinamica, secondo l’associazione dei consumatori, rischia di colpire duramente le famiglie italiane, soprattutto se i tassi fissi continueranno a crescere in assenza di interventi strutturali o di inversioni di tendenza sui mercati obbligazionari.

Analisi facile.it: rate variabili in calo, fissi in rialzo

Un’analisi di Facile.it conferma il trend divergente tra mutui variabili e fissi. La rata mensile di un mutuo variabile standard è scesa da 666 euro a circa 617 euro nel 2025, segnando un calo di circa 50 euro. Diverso invece l’andamento dei mutui a tasso fisso, dove l’aumento dell’indice IRS ha portato a un rincaro delle nuove rate.

L’IRS a 25 anni, parametro di riferimento per i fissi, è salito dal 2,4% di gennaio al 3,1% di dicembre. Questo ha spinto verso l’alto le nuove offerte, con un incremento medio delle rate di circa 40 euro. L’aumento dei rendimenti obbligazionari europei, spinto anche dalle performance record del mercato azionario statunitense, è una delle cause principali del rialzo dell’IRS.

Cosa aspettarsi nel 2026: Euribor stabile, irs in osservazione

Le previsioni sui tassi per il 2026 restano prudenti. Secondo i futures aggiornati sull’Euribor al 10 dicembre 2025, il tasso a 3 mesi dovrebbe mantenersi sotto il 2,1% per tutto il prossimo anno. Questo suggerisce una relativa stabilità per le rate dei mutui a tasso variabile.

Più complesso il discorso per i mutui fissi. Se i rendimenti dei titoli di Stato europei continueranno a salire, è probabile che l’IRS segua la stessa direzione, portando con sé nuovi aumenti sui mutui a rata fissa. Il consiglio degli esperti è quello di monitorare costantemente i movimenti del mercato e valutare bene ogni scelta finanziaria.

Tasso fisso o variabile? la scelta resta personale

In conclusione, la scelta tra mutuo a tasso fisso o variabile dipende sempre dal profilo del richiedente. Il tasso variabile offre una rata inizialmente più leggera, ma comporta un rischio legato alla volatilità futura dei mercati. Il fisso, invece, garantisce stabilità e certezza dei costi nel lungo periodo, anche se oggi richiede un esborso mensile più alto.

Non esiste una soluzione universalmente giusta o sbagliata. Il mutuatario deve valutare la propria propensione al rischio, l’orizzonte temporale e la solidità del proprio reddito. In uno scenario ancora incerto, la parola d’ordine è: pianificazione.

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