In un Paese dove si discute spesso di stipendi fermi e pressione fiscale, sorprende scoprire che i redditi più elevati non si trovano tra manager d’azienda o dirigenti pubblici, ma tra atleti professionisti e alcune categorie di liberi professionisti. È quanto emerge dai dati dell’Osservatorio sulle Entrate Fiscali 2025, che fotografa i redditi dichiarati nel 2024 (relativi all’anno fiscale 2023). Il quadro è chiaro: l’Italia è una nazione dove il reddito da lavoro varia in maniera drastica a seconda della professione e del regime contributivo.
Chi sono davvero i più ricchi nel Paese? Quali categorie arrancano, pur lavorando duramente? E perché esiste una tale distanza tra professioni intellettuali e lavori operativi o creativi?
Sportivi professionisti in vetta: 270 mila euro l’anno
A guidare la classifica dei redditi più alti in Italia ci sono gli sportivi professionisti. Con un reddito medio annuo lordo di 270.070 euro, questa categoria – che include calciatori, ciclisti e atleti di discipline varie – si conferma al vertice. Si tratta però di una platea relativamente ristretta, con poco più di 164.700 iscritti all’Inps, e fortemente influenzata dai grandi guadagni di pochi nomi noti.
La particolarità è che si tratta di una categoria soggetta a dichiarazioni fiscali complete e tracciabili, il che rende il dato ancora più significativo rispetto ad altri settori dove evasione e elusione potrebbero distorcere le statistiche.
Notai e farmacisti: professioni ad alta rendita
Subito dopo gli sportivi troviamo due categorie storicamente redditizie: i notai e i farmacisti titolari di farmacia. I primi dichiarano in media 160.546 euro annui, mentre i secondi raggiungono quota 107.098 euro. Entrambe le professioni beneficiano di un forte controllo fiscale e di un mercato relativamente protetto, in cui la concorrenza è limitata e l’accesso regolamentato.
L’osservatorio sottolinea come i notai siano tra i più trasparenti a livello fiscale, con tasso di evasione quasi nullo, un fatto che conferma l’affidabilità dei dati raccolti in questa fascia di reddito.
I redditi di dipendenti e autonomi: un’italia divisa
Se si considera solo la popolazione iscritta all’Inps, il divario tra le categorie diventa ancora più evidente. Dopo gli sportivi, troviamo i sanitari (in particolare medici e specialisti), con 87.010 euro di reddito medio lordo, seguiti dai giornalisti dipendenti, che si attestano a 68.280 euro.
Scendendo nella classifica troviamo il personale del settore volo (piloti e assistenti di volo) con 39.790 euro, i dipendenti pubblici tra 34.000 e 37.000 euro, e la stragrande maggioranza dei lavoratori del settore privato e autonomo – oltre 19 milioni di persone – con redditi che oscillano tra 25.000 e 26.000 euro annui.
Le casse professionali: chi sale e chi resta indietro
Tra gli iscritti alle casse previdenziali professionali, spiccano ancora una volta i notai e i farmacisti, ma si aggiungono anche gli attuari, che superano i 100.000 euro. Seguono i commercialisti (88.366 euro), i chirurghi (74.000 euro) e i dentisti (67.000 euro).
In fondo alla classifica troviamo però diverse figure che, pur essendo professionisti regolamentati, dichiarano redditi molto bassi: giornalisti freelance (17.342 euro), biologi (20.922 euro), periti agrari (23.101 euro), psicologi (25.657 euro). L’analisi precisa che questi dati comprendono anche professionisti con reddito nullo o negativo, indicando quindi una forte disomogeneità interna.
Lavoratori autonomi: chi guadagna di più (e chi meno)
Per quanto riguarda i lavoratori autonomi soggetti a valutazione Isa, i redditi medi più alti emergono tra gli intermediari del commercio (67.800 euro), gli informatici (56.500 euro) e gli amministratori di condominio (50.300 euro). Anche i servizi funebri si collocano relativamente in alto, con 41.000 euro annui.
Tra le categorie più in difficoltà troviamo:
- strutture ricettive (31.000 euro)
- meccanici (26.000 euro)
- gestori di stabilimenti balneari (24.000 euro)
- orologiai e gioiellieri (24.000 euro)
- ristoratori e pasticceri (18.000 euro)
- estetiste (15.400 euro)
- lavanderie (14.000 euro)
- gestori di discoteche e scuole di danza (12.000 euro)
Quest’ultima categoria rappresenta un caso emblematico: attività che sulla carta dovrebbero essere redditizie, ma che mostrano redditi molto bassi, probabilmente a causa di forte stagionalità, evasione fiscale o difficoltà di mercato.