Mediobanca, addio dei soci storici: Ferrero esce dal patto

Scritto da Redazione Online - 02/09/2025 - 306 visualizzazioni
Mediobanca, addio dei soci storici: Ferrero esce dal patto

La geografia dell’azionariato in Mediobanca sta subendo un profondo mutamento. Il patto di consultazione, da sempre considerato il baricentro dell’influenza dei soci storici sull’istituto di Piazzetta Cuccia, continua a perdere peso specifico. L’uscita di nomi storici come Ferrero, Acutis e Mediolanum sta ridisegnando i rapporti di forza all’interno della banca d’affari milanese, aprendo nuove incognite sulla futura governance.

Allo stesso tempo, cresce l’interesse attorno all’offerta pubblica di scambio lanciata da Monte dei Paschi di Siena, che potrebbe cambiare radicalmente lo scenario.

Cosa significa la disgregazione del patto per la leadership di Alberto Nagel? Quali implicazioni potrebbe avere l’avanzata di Mps per Mediobanca e per l’intero settore bancario italiano?

Scopriamolo nei prossimi paragrafi.

Il progressivo svuotamento del patto di consultazione

Nel giro di pochi mesi, il patto di consultazione tra gli azionisti storici di Mediobanca ha visto una vera e propria emorragia di partecipazioni. A partire da febbraio, quando il sindacato rappresentava l’11,87% del capitale dell’istituto, si è arrivati a un preoccupante 6,91% a fine agosto. L’uscita più recente e simbolicamente rilevante è quella del gruppo Ferrero, che ha venduto l’intera partecipazione detenuta tramite la lussemburghese Sereco Re. Una decisione che conferma il crescente disinteresse dei vecchi soci nei confronti della linea strategica adottata dal management guidato da Alberto Nagel.

La progressiva disgregazione del patto non è solo numerica, ma anche politica: si sta indebolendo la rete di protezione che per anni ha garantito stabilità alla governance e sostegno alle scelte dell’amministratore delegato. In un contesto segnato da nuove ambizioni esterne – come l’Opa di Mps – questo svuotamento rappresenta un elemento di vulnerabilità.

Le defezioni dei soci storici: un segnale politico

L’uscita del gruppo Ferrero è solo l’ultimo tassello di una tendenza in atto da tempo. Tra i primi a sfilarsi dal patto di consultazione ci sono stati gli Acutis, che hanno ceduto la quota detenuta tramite Vittoria Assicurazioni, e Mediolanum, un tempo principale azionista del sindacato, che ha deciso di mettere sul mercato il suo 3,49% in Mediobanca. Anche la famiglia Lucchini ha progressivamente ridotto la propria esposizione, passando dallo 0,56% di febbraio allo 0,37% attuale, con movimenti orchestrati tramite le società Sinpar e Gilpar.

A questi si aggiunge il disimpegno del gruppo Gavio, che ha ridotto la sua partecipazione dallo 0,62% allo 0,14%, e che, parallelamente, ha effettuato anche operazioni su strumenti derivati, segnalando una strategia orientata alla dismissione più che al consolidamento. Si tratta di segnali chiari: una parte rilevante della borghesia finanziaria italiana, che per anni ha garantito continuità e consenso interno, ora sembra voler prendere le distanze dalle dinamiche di Piazzetta Cuccia.

L’opa di mps su mediobanca: nuova fase per il settore bancario?

Mentre il patto di consultazione si sgretola, cresce la rilevanza dell’offerta pubblica di scambio (Ops) lanciata da Monte dei Paschi di Siena su Mediobanca. Alla chiusura dei mercati di venerdì scorso, l’offerta aveva già raccolto circa il 29% del capitale sociale, avvicinandosi alla soglia del 35% necessaria per decretarne il successo. L’operazione, inizialmente sottovalutata, sembra ora assumere contorni più concreti, anche alla luce del possibile inserimento di una componente cash, utile per allineare l’offerta al valore di Borsa di Mediobanca.

La scadenza formale dell’Ops è fissata per l’8 settembre, ma l’eventualità di una proroga o di un rilancio è sempre più concreta. Il consiglio d’amministrazione di Mps potrebbe infatti riunirsi a breve per valutare nuove mosse, a conferma del fatto che la partita è tutt’altro che chiusa. Se l’offerta dovesse andare a buon fine, si aprirebbe uno scenario inedito: Mediobanca, storicamente hub del capitalismo italiano, potrebbe ritrovarsi sotto l’influenza di una banca statale, con ripercussioni importanti sull’intero assetto del sistema finanziario nazionale.

Tra vuoti di potere e nuove alleanze: quale futuro per mediobanca?

L’attuale fase di transizione che sta vivendo Mediobanca è tutt’altro che secondaria. La frammentazione del patto di consultazione apre la strada a nuovi equilibri azionari e aumenta l’esposizione della banca a operazioni ostili o ad aggregazioni non pianificate. La perdita di coesione tra gli azionisti storici segna, di fatto, la fine di un’epoca: quella in cui un gruppo ristretto di soci influenti era in grado di dettare l’agenda strategica da dietro le quinte.

Nel frattempo, l’incognita rappresentata da Mps aggiunge ulteriore complessità: se l’Ops dovesse andare in porto, cambierebbe radicalmente il DNA dell’istituto di Piazzetta Cuccia. Ma anche in caso contrario, la ritirata dei vecchi soci ha già reso evidente un fatto: la leadership di Alberto Nagel è più esposta e meno blindata rispetto al passato. In un contesto di instabilità macroeconomica e di rinnovato attivismo del settore pubblico nel sistema bancario, il futuro di Mediobanca sarà inevitabilmente scritto da nuovi protagonisti.

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