In un momento in cui i mercati si interrogano sulla traiettoria della politica monetaria europea, la Banca Centrale Europea ha scelto la via della stabilità. Nessun cambiamento nei tassi di interesse: resta confermato il 2% per i depositi presso la BCE, il 2,15% per le operazioni di rifinanziamento principali e il 2,40% per quelle marginali. Una decisione unanime, maturata in un contesto economico che presenta segnali contrastanti tra rallentamenti ciclici e nuove prospettive di equilibrio.
Dietro la scelta di lasciare invariati i tassi si cela un equilibrio sottile tra un’inflazione che si avvicina all’obiettivo del 2% e una crescita economica che fatica a rafforzarsi in modo strutturale. Ma quali sono i reali margini di manovra della BCE nei prossimi mesi? E in che modo le decisioni attuali potrebbero influenzare famiglie, imprese e investitori?
Inflazione sotto controllo, ma ancora in fase di transizione
Il quadro inflazionistico dell’Eurozona mostra segnali di stabilizzazione, ma non di piena normalizzazione. Il dato registrato ad agosto – 2,1% – rappresenta un lieve incremento rispetto al 2% dei due mesi precedenti, ma non modifica in modo sostanziale la traiettoria prevista dalla BCE. L’inflazione sembra quindi avvicinarsi al target del 2% su base annua, ma senza ancora ancorarsi stabilmente a tale livello.
Secondo le nuove proiezioni, l’inflazione dovrebbe mantenersi al 2,1% nel 2025, scendere all’1,7% nel 2026 e poi attestarsi all’1,9% nel 2027. La componente “core”, che esclude alimentari ed energia, resta più elevata nel breve periodo: 2,4% nel 2025, con una discesa più graduale negli anni successivi. Questa dinamica riflette un sistema dei prezzi ancora in fase di assestamento, dove il ruolo delle aspettative resta cruciale.
Tassi stabili oggi, ma con possibilità di tagli futuri
Nel corso della conferenza stampa successiva alla riunione, la presidente Christine Lagarde ha lasciato intendere che le future decisioni sui tassi saranno guidate esclusivamente dai dati. L’attuale posizionamento della BCE non esclude a priori ulteriori tagli nel medio termine, soprattutto se l’inflazione dovesse confermarsi stabilmente al di sotto dell’obiettivo. Tuttavia, ogni mossa sarà valutata caso per caso, in base all’evoluzione delle variabili macroeconomiche.
Lagarde ha anche evidenziato come il lieve scostamento delle previsioni dall’obiettivo del 2% sia da attribuire in larga parte all’andamento del cambio euro-dollaro, un fattore che la BCE non può controllare direttamente. In più occasioni, la presidente ha ribadito che il valore dell’euro non rientra tra i target di politica monetaria dell’istituto, pur avendo effetti indiretti sull’inflazione importata.
Crescita economica: debole ma senza allarmi
Sul fronte della crescita, lo scenario tracciato dalla BCE è in chiaroscuro. Per il 2025, la stima del PIL dell’Eurozona è stata rivista al rialzo all’1,2%, rispetto allo 0,9% ipotizzato a giugno. Tuttavia, per il 2026 la previsione è stata corretta leggermente al ribasso all’1%, mentre per il 2027 resta confermata all’1,3%.
La revisione incorpora l’effetto positivo della riduzione dell’incertezza commerciale, soprattutto dopo l’accordo raggiunto tra Unione Europea e Stati Uniti sui dazi. La mancata ritorsione da parte europea ha ridimensionato il rischio di uno scenario avverso e ha rafforzato l’ipotesi di uno sviluppo più lineare, seppur modesto, nel medio termine.
Fattori di sostegno e ostacoli alla ripresa
Nonostante un secondo trimestre debole, Lagarde ha segnalato la presenza di fattori di sostegno alla domanda interna. La disoccupazione si mantiene su livelli storicamente bassi e gli investimenti pubblici, in particolare nei settori delle infrastrutture e della difesa, dovrebbero offrire un supporto alla crescita nei prossimi anni. Anche il contributo del settore privato resta fondamentale, soprattutto se accompagnato da condizioni di credito favorevoli.
D’altro canto, alcuni elementi esterni continuano a rappresentare un potenziale freno: il rafforzamento dell’euro, le tensioni commerciali ancora irrisolte e la fragilità delle catene di approvvigionamento. Questi fattori potrebbero comprimere la competitività e ridurre la capacità di recupero dell’economia europea, specie in presenza di shock esogeni.
Rischi: più bilanciati sulla crescita, più incerti sull’inflazione
La BCE giudica i rischi sulla crescita “più bilanciati” rispetto al passato, grazie alla progressiva attenuazione dell’incertezza globale. Tuttavia, lo stesso non si può dire per l’inflazione, i cui rischi restano elevati e meno prevedibili. Le tensioni geopolitiche, la variabilità dei prezzi delle materie prime e gli effetti dei cambiamenti climatici potrebbero infatti esercitare pressioni al rialzo sui prezzi nel medio periodo.
La frammentazione delle catene di fornitura e l’espansione della spesa pubblica in determinati settori – come la difesa – rappresentano ulteriori elementi da monitorare. In questo contesto, il margine d’azione della politica monetaria potrebbe risultare più limitato di quanto previsto.
Titoli di stato e liquidità: nessun segnale di tensione
Christine Lagarde ha evitato di commentare in modo diretto le recenti dinamiche dei titoli di Stato francesi, che hanno registrato un aumento dei rendimenti. Tuttavia, ha sottolineato che il mercato obbligazionario europeo nel suo complesso si presenta ben funzionante e liquido.
I movimenti degli spread, secondo la BCE, risultano al momento contenuti e non destano preoccupazione. Resta però alta l’attenzione sulle modalità di trasmissione della politica monetaria attraverso il mercato dei capitali. Lagarde ha concluso sottolineando che le autorità nazionali dovranno farsi carico della stabilità fiscale per evitare nuovi episodi di volatilità e mantenere un contesto favorevole all’efficacia della politica monetaria.
