Nel cuore del sistema fiscale italiano si nasconde un gigantesco archivio di tasse mai riscosse: oltre 1.200 miliardi di euro accumulati tra il 2000 e il 2024. Di questi, più di 408 miliardi potrebbero essere cancellati, secondo una proposta avanzata dalla Commissione tecnica sulla riscossione. Una cifra impressionante, destinata a sollevare un acceso dibattito politico e sociale.
Ma questa manovra non è soltanto un’operazione di “pulizia” contabile. In parallelo alla cancellazione di crediti ritenuti ormai inesigibili, la Commissione propone un rafforzamento radicale degli strumenti a disposizione del Fisco, compreso l’accesso ai dati bancari dei contribuenti, finora off-limits.
Una misura che, se approvata, potrebbe cambiare radicalmente il rapporto tra cittadini, imprese e amministrazione finanziaria.
La vera domanda è: è accettabile cedere su vecchi debiti per guadagnare più efficienza nel futuro? E fino a che punto è lecito ampliare il potere di indagine dell’Agenzia delle Entrate?
Oltre 408 miliardi da cancellare: il maxi discarico delle cartelle esattoriali
La Commissione tecnica sulla riscossione, al termine di un’analisi dettagliata del cosiddetto “magazzino fiscale”, ha formulato una proposta senza precedenti: discaricare circa 408,47 miliardi di euro di crediti fiscali e contributivi non più recuperabili. Una cifra pari al 32% dell’intero stock di cartelle esattoriali, che oggi sfiora i 1.273 miliardi di euro.
Il piano prevede l’eliminazione di milioni di cartelle accumulate tra il 2000 e il 2024, principalmente riferite a contribuenti deceduti, società ormai cancellate dal registro delle imprese, soggetti falliti o crediti ormai prescritti. In dettaglio, si parla di 338 miliardi di euro già giuridicamente non esigibili, a cui si aggiungono altri 70 miliardi definiti “inesigibili di fatto” perché non vi sono realistiche prospettive di recupero, pur essendo ancora validi dal punto di vista formale.
Nel concreto, l’annullamento coinvolgerebbe circa 9,2 milioni di contribuenti, con una media di 43.921 euro di debiti condonati a testa, e ben 27,6 milioni di cartelle da cancellare. Una mossa che, secondo i tecnici, rappresenta una necessaria razionalizzazione del sistema, per evitare che l’enorme accumulo di crediti “morti” continui a distorcere la contabilità pubblica e a ingolfare gli strumenti di riscossione.
Riscossione più rapida ed efficace: la nuova governance allo studio
Cancellare i crediti inesigibili è solo il primo passo. La proposta della Commissione punta infatti a evitare che si ricrei un nuovo magazzino di cartelle non riscosse. Per questo motivo, accanto al discarico, viene delineata una strategia articolata per rendere più efficiente, tempestiva e mirata l’azione di riscossione.
Uno dei capisaldi della riforma riguarda la semplificazione delle procedure esecutive, oggi spesso rallentate da vincoli burocratici e tecnicismi normativi che ne riducono l’efficacia. La relazione propone quindi un’accelerazione dei pignoramenti e delle azioni coattive, attraverso la razionalizzazione degli adempimenti preliminari necessari all’avvio di tali misure.
Parallelamente, si spinge per un riequilibrio delle risorse umane all’interno dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione. L’obiettivo è quello di potenziare gli organici, assumendo nuovi profili con competenze specifiche, soprattutto nel campo informatico e nella gestione dei dati. Un’esigenza dettata dalla crescente digitalizzazione dei flussi informativi fiscali e dalla necessità di elaborare strategie personalizzate di recupero, basate su un’analisi intelligente dei contribuenti.
In questo contesto, si parla anche di introdurre criteri di prioritizzazione delle cartelle, per concentrare gli sforzi sugli importi realmente recuperabili e intervenire tempestivamente, evitando che il tempo ne comprometta la riscossione. È la logica dei “cinque principi” richiamati nella bozza di relazione: tempestività, compliance, selettività, differenziazione e sistematicità.
Il fisco vuole accedere ai conti correnti: svolta o pericolo per la privacy?
Tra le misure più discusse contenute nella bozza della Commissione tecnica, spicca una proposta destinata a far discutere: consentire all’agente della riscossione di accedere non solo all’esistenza dei conti correnti bancari dei contribuenti, ma anche alla loro consistenza economica attuale. In altre parole, il Fisco potrebbe ottenere informazioni sul saldo dei conti e utilizzarle per valutare la possibilità di avviare azioni esecutive immediate.
L’obiettivo dichiarato è quello di colpire con più precisione i soggetti realmente solvibili, evitando di disperdere risorse in azioni infruttuose o sproporzionate. Si tratta di una misura che, secondo la Commissione, aumenterebbe l’efficacia della riscossione e ridurrebbe i tempi necessari per il recupero forzoso dei crediti. L’accesso diretto ai dati bancari rappresenterebbe una leva potente per identificare in tempo reale la disponibilità finanziaria di un debitore, accelerando i pignoramenti ed evitando artifici elusivi.
Tuttavia, la questione solleva forti dubbi in materia di tutela della riservatezza. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha già preso le distanze, definendo la proposta “vecchia” e affermando che “non ci sono le condizioni” per approvarla in questa fase. Il tema è dunque ancora aperto, ma resta centrale nel dibattito: quanto può spingersi lo Stato nel monitoraggio della ricchezza privata, in nome dell’efficienza fiscale?
L’equilibrio tra interesse pubblico e garanzie individuali si presenta oggi più delicato che mai, specie in un contesto economico segnato da fragilità, tensioni sociali e campagne elettorali permanenti.
Fatturazione elettronica e banche dati: il fisco vuole incrociare le informazioni
Un altro punto fondamentale della riforma proposta dalla Commissione riguarda il pieno utilizzo dei dati già presenti nei sistemi informatici dell’amministrazione finanziaria, a cominciare da quelli generati dalla fatturazione elettronica. Secondo la bozza, questi dati potrebbero essere impiegati per identificare in modo mirato i crediti vantati dai contribuenti-debitori nei confronti di terzi, consentendo all’agente della riscossione di attivare pignoramenti più rapidi e mirati.
L’idea è quella di superare l’approccio tradizionale, in cui l’azione esecutiva avviene spesso “alla cieca”, puntando invece su una strategia data-driven, in grado di individuare con precisione le somme aggredibili. Il flusso continuo di fatture elettroniche fornisce infatti un patrimonio informativo in tempo reale sui rapporti economici tra imprese e professionisti, utile per ricostruire i flussi finanziari e agire dove c’è effettiva liquidità o fatturato.
Questo approccio richiede tuttavia un potenziamento delle infrastrutture tecnologiche, nonché personale qualificato in grado di analizzare e utilizzare i dati in modo strategico. Per questo motivo, la Commissione propone un investimento sulle competenze digitali all’interno dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione, con l’ingresso di nuove figure specializzate in analisi dei dati, cybersecurity e tecnologie applicate alla fiscalità.
La sinergia tra le banche dati fiscali rappresenta quindi un punto chiave della riforma: se ben attuata, potrebbe trasformare il sistema di riscossione da statico a predittivo, anticipando i comportamenti dei contribuenti e rendendo più efficace l’intervento pubblico.