Porsche ha ufficialmente annunciato la nomina di Michael Leiters come nuovo amministratore delegato a partire dal 1° Gennaio 2026, segnando così l’inizio di una nuova fase per lo storico marchio automobilistico tedesco. Leiters, 53 anni, vanta una carriera solida e diversificata nell’industria automotive di alta gamma. Dopo aver guidato McLaren Automotive come CEO dal 2022 al 2025, è noto soprattutto per il suo ruolo centrale in Ferrari, dove ha ricoperto la carica di Chief Technology Officer per oltre otto anni, contribuendo alla transizione tecnologica e all’evoluzione dei modelli della casa di Maranello.
Non è un volto nuovo per Porsche: tra il 2000 e il 2013 ha già lavorato all’interno del gruppo, occupandosi in particolare dello sviluppo dei modelli Cayenne e Macan, oggi colonne portanti della gamma SUV del marchio.
La scelta di richiamare Leiters alla guida di Porsche avviene in un contesto delicato e ricco di aspettative. Quali saranno le sue prime mosse?
Riuscirà la sua esperienza a invertire una rotta che oggi appare preoccupante per la casa di Stoccarda?
Oliver Blume lascia Porsche: fine di un doppio incarico contestato
Il cambio al vertice si inserisce in una dinamica già in atto da mesi: Oliver Blume, attuale CEO di Porsche, ha infatti deciso di lasciare la guida operativa della casa per concentrarsi esclusivamente sul ruolo di amministratore delegato di Volkswagen, incarico che ricopre parallelamente dal 2022. Una doppia responsabilità che negli ultimi tempi ha generato critiche, sia all’interno dell’industria che da parte di alcuni investitori, a causa della complessità e del conflitto d’interessi implicito nella gestione di due realtà concorrenti all’interno dello stesso gruppo.
Blume resterà CEO del Gruppo Volkswagen fino al 2030, una mossa vista da alcuni analisti come una presa d’atto della necessità di riorganizzare le catene di comando nelle aziende chiave del gruppo, in un momento in cui le prestazioni di Porsche sono ben lontane dalle aspettative fissate al momento della sua quotazione.
Una crisi profonda: margini in caduta e fuoriuscita dal DAX
L’arrivo di Michael Leiters si colloca in un momento particolarmente critico per Porsche. Dopo essere stata acclamata nel 2022 per l’IPO più grande in Europa dai tempi di Glencore, con un margine operativo che sfiorava il 18 percento, la casa automobilistica tedesca si trova oggi a fare i conti con un drastico ridimensionamento. Per il 2025 è previsto un margine operativo appena del 2 percento, accompagnato da un crollo delle azioni che ha portato Porsche fuori dall’indice DAX, il principale indice della Borsa di Francoforte.
La perdita di fiducia da parte degli investitori è stata alimentata da risultati deludenti, ritardi strategici e un’incapacità di rispondere efficacemente alle nuove dinamiche del mercato globale, in particolare sul fronte della mobilità elettrica.
Cina: la grande delusione dei veicoli elettrici
Uno dei mercati chiave in cui Porsche ha subito un colpo particolarmente duro è la Cina. Nei primi tre trimestri del 2025, le vendite complessive nel Paese sono crollate del 26 percento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. A pesare è stata soprattutto la scarsa accoglienza riservata ai modelli elettrici del marchio, percepiti come poco competitivi rispetto a rivali domestici come BYD e Xiaomi, capaci di offrire tecnologie avanzate, design accattivanti e prezzi più accessibili.
Il flop in Cina ha rappresentato un segnale inequivocabile della necessità di rivedere la strategia elettrica del marchio, nata sotto la spinta dell’euforia iniziale legata alla transizione green ma non pienamente radicata nelle aspettative di clienti tradizionali e nuovi mercati.
Ritorno all’endotermico: una svolta strategica dolorosa
Nel settembre 2025, Porsche ha annunciato una drastica revisione della propria strategia industriale. Le nuove uscite di veicoli elettrici sono state posticipate e l’attenzione si è spostata su modelli ibridi e a combustione, ritenuti più in linea con la domanda attuale. Questa scelta ha avuto un impatto significativo sui conti del Gruppo Volkswagen, che ha registrato una svalutazione complessiva di 5,1 miliardi di euro legata alla revisione degli asset e delle proiezioni di vendita future.
Il cambio di rotta ha generato reazioni contrastanti: da un lato, è stato accolto positivamente dai concessionari e dai clienti storici; dall’altro, ha sollevato interrogativi sulla reale capacità del marchio di adattarsi alle sfide della transizione ecologica nel lungo termine.
Leiters tra scetticismo e speranze: un suv per ripartire
L’arrivo di Michael Leiters non è stato accolto solo con entusiasmo. Andy Palmer, ex CEO di Aston Martin, ha dichiarato in un’intervista al Financial Times che “il ruolo di Leiters rappresenta una sorta di calice avvelenato: grande prestigio ma enormi rischi”. Tuttavia, la maggior parte degli analisti concorda sul fatto che Leiters sia una scelta solida, grazie alla sua profonda esperienza nei segmenti SUV e al suo passato all’interno di Porsche.
Le indiscrezioni parlano già di un nuovo SUV a combustione in fase avanzata di sviluppo, destinato a rimpolpare i margini e intercettare la domanda ancora forte in Europa e Nord America. Proprio l’esperienza di Leiters con modelli come Macan e Cayenne potrebbe rivelarsi decisiva per rilanciare un segmento che, nonostante la crisi elettrica, continua a rappresentare la spina dorsale delle vendite Porsche.
Una nomina per rilanciare il marchio
La nomina di Michael Leiters potrebbe rappresentare un punto di svolta per Porsche. In un anno segnato da difficoltà industriali, critiche al management e risultati finanziari in forte calo, l’arrivo di un leader con esperienza, visione strategica e conoscenza del marchio appare come una scommessa necessaria. Il compito che lo attende è tutt’altro che semplice: dovrà riconquistare i mercati perduti, ridefinire la posizione del brand nell’arena dell’elettrificazione e ricostruire la fiducia degli investitori.
Il 2026 si annuncia quindi come un anno cruciale per Porsche: sarà davvero l’inizio della rinascita?