La Commissione Europea ha fatto marcia indietro sul bando totale delle auto a combustione previsto per il 2035. Dopo mesi di pressioni da parte di governi come Germania e Italia, e del potente settore automobilistico europeo, Bruxelles ha annunciato una revisione dell’obiettivo climatico: non più una riduzione del 100% delle emissioni di CO2 per le nuove auto entro il 2035, ma un taglio del 90% rispetto ai livelli del 2021.
La modifica riflette le preoccupazioni espresse da colossi come Volkswagen e Stellantis, che lamentavano obiettivi irrealistici in assenza di una politica industriale europea solida. Il nuovo piano permette la sopravvivenza di tecnologie a combustione abbinate a carburanti sintetici e biocarburanti avanzati, offrendo più tempo al comparto per adattarsi.
Un compromesso tra industria, clima e competitività
Il nuovo pacchetto, presentato dalla Commissione, introduce misure per garantire una transizione meno traumatica per il settore, senza abbandonare del tutto gli impegni ambientali. Tra le principali novità, l’obbligo per le case automobilistiche di ridurre l’impatto ambientale utilizzando acciaio a basso tenore di carbonio prodotto nell’Unione europea e carburanti non alimentari, come rifiuti agricoli o oli esausti.
Le reazioni sono state contrastanti.
Se da un lato l’Unrae (Unione Nazionale Rappresentanti Autoveicoli Esteri) ha accolto con favore la maggiore flessibilità normativa, definendo carente la precedente strategia europea, dall’altro costruttori come Polestar criticano aspramente la revisione: “Un passo indietro ora danneggerà non solo il clima, ma anche la competitività industriale dell’Europa”, ha dichiarato l’AD Michael Lohscheller.
Una conferenza attesa, ma non definitiva
La comunicazione ufficiale del nuovo pacchetto è avvenuta con un certo ritardo, confermando la delicatezza politica della decisione. La conferenza stampa inizialmente prevista per le 15:30 è stata rinviata alle 17:45, segno di un negoziato complesso tra gli equilibri interni alla Commissione e le istanze dei principali Stati membri. In ogni caso, la proposta dovrà ora essere approvata sia dal Consiglio dell’Unione Europea, ovvero i governi dei 27 Stati membri, sia dal Parlamento Europeo. Solo allora potrà entrare in vigore formalmente.
Nel pacchetto rientrano anche nuove misure per accelerare l’adozione dei veicoli elettrici, in particolare nelle flotte aziendali, che rappresentano circa il 60% delle vendite di auto nuove in Europa.
La Commissione vuole incentivare l’elettrificazione del parco circolante professionale, anche attraverso vantaggi fiscali e strumenti di finanziamento. Nasce inoltre una nuova categoria denominata “small affordable cars”, che include veicoli elettrici di lunghezza inferiore ai 4,2 metri. L’obiettivo è stimolare la produzione e il consumo di auto elettriche compatte a prezzi accessibili, favorendo i produttori UE rispetto alla concorrenza asiatica.
Gli Stati membri potranno attivare incentivi mirati per sostenere questa fascia di mercato.
Europa a due velocità sul fronte elettrico
La diffusione delle auto elettriche in Europa resta profondamente disomogenea. Se la Norvegia ha raggiunto il 94% di quota di mercato nei primi sette mesi del 2025, grazie a generosi sussidi finanziati dal suo fondo sovrano, altri paesi restano indietro. La Croazia, ad esempio, è ferma all’1%, mentre l’Italia si attesta su un modesto 5%. Nel complesso, la media UE si colloca tra il 5% e il 10%, con ampie differenze tra Nord e Sud, Est e Ovest.
L’adozione di massa dell’elettrico dipende in gran parte dallo sviluppo delle infrastrutture di ricarica, ancora carente in molte regioni.
Il rischio di rallentamento per l’elettrico europeo
Un effetto collaterale inatteso della nuova strategia europea potrebbe essere il rallentamento degli investimenti nelle infrastrutture di ricarica, fondamentali per la crescita del mercato elettrico. L’allentamento degli obiettivi sulle emissioni potrebbe infatti ridurre l’urgenza per governi e imprese di investire in colonnine, tecnologie e logistica green. In mercati come quello spagnolo, i sussidi pubblici all’acquisto hanno favorito soprattutto i costruttori cinesi, capaci di offrire modelli elettrici a prezzi competitivi.
Questo ha messo in difficoltà l’industria europea, spesso meno reattiva e con costi più elevati. La sfida, ora, sarà garantire che il compromesso normativo non si traduca in un vantaggio per i competitor extraeuropei.
