Tre imprenditori ai domiciliari, 39 indagati, 90 immobili sequestrati e 25 milioni di euro truffati al fisco. Questi i numeri della maxi truffa scoperta dai finanzieri del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Parma.

Gli accusati sono un imprenditore di Reggio Emilia, uno di Fidenza e uno di Foggia. I tre imprenditori amministravano insieme il Consorzio MTI, operante nella produzione di materiali metalmeccanici e impianti industriali. Collaboravano con aziende di importanza nazionale e internazionale.

Il Consorzio MTI dovrà rispondere di associazione a delinquere, emissione di fatture false e frode fiscale. Oltre a loro, ci sono altri 39 indagati, di cui 34 accusati a loro volta di associazione a delinquere. Gli altri 5 invece, di reato di dichiarazioni false con emissione di fatture inesistenti e occultamento di documenti contabili.

La truffa

A quanto risulta, il Consorzio, e altre società intestate a prestanome, ottenevano un grosso vantaggio sulle altre aziende dello stesso settore tramite sistemi fraudolenti. L’indagine è stata avviata dopo la scoperta di alcuni dati reddituali contrastanti.

Le forze dell’ordine sono venuti a conoscenza del modus operandi degli imprenditori, che proponevano prestazioni lavorative a prezzi bassissimi. Sicuramente fuori dai limiti che impone il mercato.

Gli amministratori del Consorzio si occupavano di intrattenere i rapporti con la clientela. Ottenevano quindi, con contratti di appalto, lavori che poi commissionavano sulla carta alle società consorziate.

I controlli

Da quel momento le indagini si sono intensificate, con intercettazioni ambientali e telefoniche, interrogazione di testimoni, inseguimenti e perquisizioni.

Gli anni d’imposta controllati hanno fatto emergere che, dal 2015 al 2017, le società consorziate con l’azienda principale, hanno emesso fatture fraudolente per un importo di più di 25 milioni di euro. Ovviamente poi, i servizi professionali registrati all’interno delle fatture, non venivano realizzati.

Questo perché le società sono risultate prive di ogni mezzo che permettesse loro di prestare servizio nel settore d’interesse. Non sono presenti né strutture, né attrezzature adeguate. Mancano persino i dipendenti. Le aziende erano state registrate con l’ausilio di alcuni prestanome. Grazie a questo metodo, nessuna delle aziende ha mai effettuato i lavori per cui emetteva le fatture.

Le conseguenze

La decisione del Giudice dell’udienza preliminare di Parma ha imposto per ora gli arresti domiciliari per i tre imprenditori, in attesa del processo. Inoltre, 90 immobili di lusso, del valore complessivo di 10 milioni di euro, sono stati sequestrati preventivamente tra le province di Parma e Brescia.

Anche questi, risultavano intestati a prestanomi, ma in realtà erano di proprietà dei tre furbetti, responsabili della maxi truffa.